«Venezia non riuscirà a fare l’off shore»

Politica e addetti bocciano le tesi di Costa. Maneschi: «Nessun privato investirà». Samer: «L’hub terminale va fatto qui»
Di Marco Ballico

TRIESTE. Non si deve fare. Anzi, non si farà. La politica e gli operatori bocciano le tesi del presidente dell’Autorità portuale di Venezia Paolo Costa che insiste sul progetto off shore da 2,1 miliardi di euro per attirare container e gas liquefatto su una piattaforma di 8 miglia marine al largo della laguna. «Sogni di grandezza? Più semplicemente un’opera su cui nessun privato metterà un centesimo», riassume Pierluigi Maneschi, proprietario di Trieste marine terminal (Tmt), la società che gestisce il Molo VII, cuore del traffico container nel porto cittadino. Maneschi precisa di parlare dal punto di vista degli operatori di terminale e degli armatori: «Nessuno può essere interessato a spendere soldi in un’operazione che, anziché diminuire i costi, li aumenta. Opere di questo genere si fanno per ragioni di emergenza, ma i contenitori hanno bisogno di un collegamento alla terra e ai sistemi di intermodalità. Inimmaginabile scaricare sull’isola, tanto più con costi aggiuntivi di almeno 250 dollari a contenitore». Insomma per Maneschi si tratta di una «missione impossibile».

Il confronto con quanto accade altrove è del resto impietoso sul fronte dei numeri: «Quando si è trattato di realizzare a Shanghai il porto off shore più grande del mondo, si sono dovuti realizzare ponti per decine di chilometri dalla città al mare. Posto che anche a Venezia si dovrebbero fare i ponti, a Shanghai quell’opera è fatta per 30 milioni di contenitori, noi saremmo contenti di averne 3 milioni, il ritorno economico è decisamente troppo basso per un investimento del genere. Mi auguro sia tramontato il tempo in cui lo Stato si indebita per opere che possono anche essere valide sulla carta, ma non possono funzionare».

Di spreco parla sostanzialmente anche il sindaco di Trieste Roberto Cosolini: «Credo che con molti meno soldi l’Alto Adriatico può raggiungere risultati di portata corrispondente a quelli che secondo Costa può garantire l’off shore ma con investimenti molto meno rilevanti». Il ruolo di Trieste? «Abbiamo vocazione e capacità per essere un essere porto container che, in ottica di sistema integrato, vanno assolutamente sfruttate. Trieste, da parte sua, deve pensare a fare le cose che stanno all’interno dei suoi programmi di sviluppo e del piano regolatore, che mi auguro arrivi prima possibile all’approvazione. Sono certo che con il raddoppio del Molo VII e il miglioramento dei collegamenti ferroviari si possano garantire quote di mercato in tempi più rapidi di quelli per la realizzazione dell’ off shore».

Anche gli agenti marittimi rappresentati da Pietro Busan demoliscono le convinzioni di Costa: «Già da due anni ho segnalato che quello del presidente dell’Autorità portuale di Venezia è un non senso commerciale, visto che impone la doppia movimentazione di contenitore con costi aggiuntivi non irrilevanti». Impensabile, entra nel merito Busan, «approntare una piattaforma con quella logica e quei costi quando a poche decine di miglia c’è già un porto attrezzato che, con poco, può essere confacente a quanto si propone di fare Venezia». Costa ce la farà? «È libero di fare quello che vuole, ma credo sia difficile anche nell’ottica della sinergia tra porti Napa». Il riferimento è all’associazione tra i porti dell’Alto Adriatico da cui Ravenna è già uscita per protesta. «Napa può essere funzionale ad attingere risorse – rileva Busan – ma la verità è che ognuno fa i suoi affari e tutela i propri interessi. Non sorprende che qualcuno abbia deciso di andare per la sua strada». Ultima voce critica quella di Enrico Samer, terminalista specializzato nell’autostrada del mare Trieste-Turchia: «Un hub terminale di contenitore nel Nord Adriatico va senz’altro nell’ottica del vantaggio per tutti i porti. Ma un investimento simile non ha logica se pensato a Venezia invece che a Trieste, dove l’esistente consente invece di ipotizzare costi minori e ritorni maggiori a regime».

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