Una vita alla bancarella del ghetto: «Quella volta in cui riuscii a vendere un libro di Svevo per 10 mila euro»

Vittorio Di Pinto è il re dei volumi usati: 68 anni di carriera ricchi di aneddoti 
Vittorio Di Pinto, 87 anni, davanti a una delle sue bancarelle. Foto di Andrea Lasorte
Vittorio Di Pinto, 87 anni, davanti a una delle sue bancarelle. Foto di Andrea Lasorte

TRIESTE L’uomo che stava sempre seduto a osservare i suoi libri. Non è il titolo di un romanzo di Georges Simenon né una delle controverse opere di Maurizio Cattelan che Christie’s mette all’asta per svariati milioni di dollari. L’uomo che stava (e che sta) sempre seduto a osservare i suoi libri non è di carta né è una scultura. Esiste, è una persona in carne e ossa. Per trovare Vittorio Di Pinto, 87 anni, basta fare un salto nel ghetto, in piazza Vecchia, davanti alle sue bancarelle di libri. Lo trovi lì con qualsiasi tempo. Caldo torrido, bora forte, temperature polari, pioggia battente: lui da 68 anni presidia i suoi libri sempre seduto sulla sua sedia d’ufficio blu con le rotelle. Prima in via del Rosario, dal 2000 in piazza Vecchia. È quasi sempre intento a leggere il Piccolo. A fine giornata potrebbe declamare in versi anche le farmacie di turno. Quando sior Vittorio, l’ultimo “bouquiniste” triestino, ha bisogno di qualcosa, basta che faccia un fischio: dietro l’angolo, in via Malcanton c’è il negozio di antiquariato dei figli Laura e Claudio, sempre pronti a dargli una mano.

Inverni sempre più rigidi con il freddo che ti penetra nelle ossa, meno gente in circolazione a causa della pandemia, le vendite su internet: Di Pinto, arrivato a 87 anni, non ha pensato che forse è ora di smettere e di andare in pensione?

«Neanche per sogno, questo non è solo un lavoro ma anche la mia passione. Anche i miei figli Claudio e Laura mi sgridano ogni tanto, mi chiedono “cosa ci fai ancora qui?”. Ma se dovessi mollare e starmene a casa in poco tempo diventerei un vecchio stupido. Questa è la mia vita, mi piace stare in mezzo alla gente e ai miei libri».

Una passione che ha coltivato fin da ragazzo?

«Sì, certo. Io sono nato in Crimea, a Kerc. Mio padre lavorava in un Kolchoz, era uno dei capi di una cooperativa agricola. In quella città c’era una grande comunità di pugliesi. Quando i rapporti tra l’Italia fascista e l’Unione sovietica si fecero tesi, nel ’38, ci siamo trasferiti a Trieste. Avevamo però un punto di riferimento che è era uno zio che era venuto a fare il militare volontario. Abitavamo in corso Littorio, attuale via del Teatro Romano, dove adesso c’è il Park San Giusto. A 18 anni, quando a Trieste c’era ancora il Governo militare alleato, cominciai a dare una mano a un venditore di libri di via del Rosario, vicino a casa. Lui mi ha insegnato il mestiere. Mi portava con sè quando doveva comprare delle librerie private, io ascoltavo e registravo tutto nella mia mente. Così ho imparato a riconoscere il valore dei libri e la bellezza di certe edizioni. Ci vuole anche naso, è l’istinto alla fine che ti spinge verso un libro. Quando il mio maestro si è ritirato ho rilevato l’attività ottenendo la licenza dal Comune. Erano due bancarelle, con gli anni mi sono allargato arrivando alle attuali cinque rilevando le altre in zona».

Ma la sua passione per i libri nasce ancora prima...

«Mi sono sempre piaciuti. Da bimbo leggevo avidamente i romanzi d’avventura di Emilio Salgari e Jules Verne. Quando frequentavo la quarta elementare mi sono ammalato gravemente. I medici all’epoca ne capivano poco, ma era coxite. Sono stato ricoverato a lungo al San Camillo, al Lido di Venezia, vicino a Malamocco, dove ora c’è il Mose. Sono una sorta di autodidatta, ho studiato e letto tantissimo dai libri presi dalla biblioteca dell’ospedale. Lì ho superato l’esame di quinta elementare».

Nonostante la malattia poi si è votato a una vita dura, sempre lì fuori davanti alla bancarella con qualsiasi tempo.

«Fino a una decina di anni fa era più dura. Facevo dalle 13 alle 14 ore al giorno ma ne valeva la pena, c’era un grande giro di clienti. Cominciavo alle otto del mattino e finivo dopo le otto di sera. Le ore lavorative erano di più perché quella volta le bancarelle non erano fisse, bisognava trasportarle dal magazzino e allestirle con in libri. Una faticaccia».

Adesso che c’è meno lavoro, non si annoia tutto il giorno in piazza Vecchia? E sempre lì con il Piccolo in mano, lo saprà a memoria...

«Leggo per passare il tempo, del giornale soprattutto i titoli a causa della vista, ma vengo spesso interrotto da potenziali acquirenti, passanti, amici. Finita la lettura del quotidiano, mi leggo uno dei miei libri».

Venditore ma anche “vigilante”, negli anni d’oro c’erano parecchie mani lunghe...

«I ladri di libri ci sono sempre stati, cercavo di tenerli d’occhio ma non era semplice. Un giorno ho affrontato uno di loro e dopo averlo colto con le mani nel sacco, era un ragazzone alto e grosso, per fermarlo gli ho tirato un cazzotto. Mi sono storto un mignolo. Guardi qui, il dito non è mai andato a posto. Ma la vera sorvegliante è mia moglie Adele, lei li beccava subito. Mi segnalava tutti quelli che avevano un atteggiamento sospetto e ci azzeccava. Non merita denunciarli, solo una perdita di tempo».

Quanto è calato il volume degli affari con internet?

«Purtroppo tantissimo, il 70- 80%. Oggi trovi quasi tutto in rete, su Amazon, e a prezzi molto alti. È tutto cambiato. I giovani comprano ancora qualcosa da me ma sono più concreti e sbrigativi, vengono per acquistare un determinato libro e se ne vanno. Un tempo avevo clienti che si mettevano a rovistare con calma tra i volumi per trovare un’occasione, un volume particolare. Li compravano anche per fare arredamento, altri invece erano dei collezionisti. Quando acquisivo un libro raro di solito andava via in poche ore. Avevo avvocati, medici, politici, professinisti, tra la mia clientela. Ora ci vuole più tempo per vendere una vecchia edizione».

L’attività ora rende poco...

«È così, il Covid mi ha dato l’ultima mazzata. Ma alla mia età mi accontento di poco. I miei due figli Claudio e Laura sono stati costretti a diversificare, vendendo solo libri usati si fa fatica a campare. Fanno i rigattieri nel negozio di via Malcanton e vendono varia merce, mentre mio nipote Davide si è buttato sul mercato in rete».

L’affare della vita?

«Capitò anni fa. Custodivo a casa la prima edizione di “Una vita” di Italo Svevo, era stata stampata dallo stesso autore, se ricordo bene. Un noto personaggio triestino che ancora adesso si vede in televisione, ma di cui non posso rivelare il nome, lo venne a sapere e fece di tutto per comprarla. La valutai 10 mila euro, gli feci uno sconto. Tuttavia non ero del tutto convinto, mi ero privato di un libro pregiato della mia collezione. A casa ho una grande libreria, sono un appassionato di storia, quella di Trieste e dintorni in particolare».

Il triestino cosa legge, cosa viene a comprare?

«Di tutto. Va sempre la narrativa, ma solo i romanzi più recenti, si vendono anche libri di storia e qualcosa di saggistica».

Il cliente-tipo?

«Una volta si lavorava bene con i biblofili, veri appassionati di libri, che cercavano determinati volumi, ma sono in via di estinzione. Molti dei miei clienti erano anziani e adesso non ci sono più. Per l’approvvigionamento dei volumi, invece, non c’è problema. Vengono in molti a proporsi e a portare libri, me li cedono anche gratis, basta liberarsene per problemi di spazio. Ma non prendo più tutto, scelgo. Anch’io non so più dove metterli».

Una curiosità, c’è un libro sfigato che non è mai riuscito a vendere, che è lì da anni?

«Sono tanti i libri fermi che non si vendono, tuttavia potrei citare l’enciclopedia Treccani che ho in magazzino. Non la vuole più nessuno».

Da Svevo a Lando e Caballero. Lei da anni ha anche una bancarella a luci rosse, piena di giornali, fumetti e dvd pornografici davanti alla quale c’era sempre un certo movimento...

«Le definirei pubblicazioni erotiche... Dal 75’ al 95’, in effetti, ci guadagnavo bene. Venivano da me ventenni ma anche ottantenni. Anche gente molto nota in città prendeva da me quei giornali».

Ma in una via di passaggio rischiavano di essere riconosciuti...

«Ma correvano il rischio. Certo si vergognavano, compravano quei giornali e dopo averli pagati li nascondevano sotto il braccio o in qualche borsa. A volte mentre stavano scegliendo, se vedevano passare qualche conoscente, si spostavano repentinamente verso la bancarella più vicina facendo finta di interessarsi ad altre pubblicazioni. Era divertente. Quando passava da queste parti l’avvocato Bercè mi ammoniva: “Vittorio, guarda che con quella roba finirai in galera...”. E invece non ho mai avuto problemi. Né con i preti della chiesa qui vicino né con la Questura che è a due passi. Adesso mio figlio mi ripete spesso di buttare via tutta quella porcheria».

Lei ancora non se ne disfa...

«Un giorno o l’altro dovrò decidermi di farlo».

Com’è cambiata questa parte di centro storico per lei che ci lavora da 68 anni?

«Sicuramente c’è meno caos rispetto ad anni fa, è più ordinata per quanto riguarda il traffico. Ora vi possono accedere solo le auto della polizia e i furgoni. In questi vicoli c’è stata, invece, una fioritura di locali che una volta non c’erano. C’è più vita».

In quel drammatico 4 ottobre 2019 in cui sono stati uccisi i due poliziotti Matteo Demenego e Pierluigi Rotta lei dalla sua postazione deve aver visto scene da thriller...

«Sì, è stato tremendo. Non mi sono subito reso conto di quello che stava accadendo, ho solo sentito delle urla e sono andato verso la Questura. Sono passato a cinque metri da quell’energumeno che per fortuna non mi ha visto e soprattutto andava in un’altra direzione, verso la cabina dell’Enel. Quando mi sono accorto che sparavano sono scappato, penso che nonostante la stampella ho battuto il record dei cento metri».

A proposito, adesso lascerà la piazza Vecchia per tornare dietro l’angolo in via del Rosario. Una buona idea?

«Me lo lo assicura il sindaco Dipiazza ogni volta che passa da queste parti, ma ci sono ancora dei problemi con la Soprintendenza. Per me va bene, è un ritorno all’antico, ma ormai mi ero affezionato anche a questo posto, c’è forse più passaggio».—




 

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