«Un patto con Roma per salvare il Verdi»

Cosolini: senza il piano di risanamento si va verso la liquidazione coatta nel 2016, ma il ministero deve dare certezza di risorse
Di Paola Bolis
Lasorte Trieste 11/01/13 - Teatro Verdi, Il Corsaro, Prima
Lasorte Trieste 11/01/13 - Teatro Verdi, Il Corsaro, Prima

Il deficit patrimoniale è tale da costituire «una enorme spada di Damocle» sul futuro del teatro Verdi. E dunque «il piano di risanamento va presentato, non abbiamo alternative». È un piano pesante: per legge deve prevedere tra l’altro tagli di organici ed eliminazione degli integrativi sugli stipendi; e serve un bilancio non solo in pareggio - cosa accaduta rarissimamente da quando esiste la Fondazione che nel 2010 è arrivata a chiudere l’esercizio con oltre 4 milioni di rosso - ma tale da dimostrare di poter far fronte alla graduale restituzione del prestito che da Roma arriverà. Anche se non è dato saperne l’entità. È possibile farcela? Così impone la norma: «O si corre questo rischio», oppure la strada della liquidazione coatta amministrativa nel 2016 - cioè della chiusura - è spianata.

I virgolettati sono del sindaco Roberto Cosolini. Che nell’intento di correre il rischio con ragionevoli possibilità di successo incontrerà a fine mese a Roma il ministro per i Beni culturali Massimo Bray. Al quale intende illustrare la situazione del teatro e chiedere «un patto con Roma per salvare il Verdi». Un patto chiaro: la Fondazione prepara il piano, i soci fondatori pubblici Comune e Regione si impegnano economicamente a sostenerlo (e le casse pubbliche non sono floride in questo periodo, si sa). Il ministero deve però a propria volta obbligarsi a erogare nei prossimi anni cifre certe. Fondi congrui, e che non si decurtino in corso d’esercizio come anche in questo 2013 (da oltre 11 milioni previsti si è scesi a meno di 10) è successo.

Questo il sindaco (per legge presidente della Fondazione) ha detto ieri ai sindacati del Verdi, che ha incontrato assieme al sovrintendente Claudio Orazi, al vicepresidente Paolo Marchesi e al direttore operativo Antonio Tasca. Oggetto della riunione il Decreto cultura da poco divenuto legge che, con l’obiettivo di rilanciare le Fondazioni liriche, mette sul piatto 75 milioni di euro con cui finanziare i teatri che entro gennaio presenteranno piani di risanamento dimostrando, carte e accordi con i sindacati alla mano, di essere capaci di tirarsi fuori dalle secche del pesantissimo deficit accumulato negli anni (oltre 377 milioni di euro a livello nazionale). E se i piani non venissero presentati? Le Fondazioni dovranno comunque raggiungere entro il 2016 l’attivo patrimoniale e «almeno» - precisa la legge - l’equilibrio del conto economico.

La situazione del Verdi è presto detta: la gestione commissariale di Claudio Orazi - ha ribadito il sindaco - ha rimesso in equilibrio i conti «ma non ha risolto il problema: si è semplicemente posto un freno all’emorragia». Ci sono i 22 milioni di debito patrimoniale che costano oltre un milione di interessi passivi all’anno: qualsiasi banca potrebbe decidere di voler chiudere i rubinetti dall’oggi al domani. L’esercizio finanziario 2013 era stato previsto in pareggio sui 21 milioni (rispetto ai 24 del consuntivo 2011), ma la già conteggiata entrata dal Fus - il Fondo unico dello spettacolo - si è ridotta di oltre un milione, arrivando sotto quota 10. E una serie di altre mancate entrate precipitano le cifre a quota 16 milioni e mezzo, portando un punto interrogativo su un pareggio «problematico» (definizione del sindaco) che pure, naturalmente, la Fondazione conta fortissimamente di raggiungere (anche perché una quota del 5% di Fus sarà destinata ai teatri in equilibrio). Alla luce delle diminuite risorse, due opere da allestire in autunno sono state rinviate: produzione «scesa ai minimi storici», come hanno rimarcato pochi giorni fa le Rsu in un documento. Ma «aumentare le produzioni fa salire i costi molto più che i ricavi, salvo non moltiplicare i prezzi dei biglietti», ribatte Cosolini.

Allora però come far quadrare i conti in un teatro che pure nel giro di tre anni, ricorda l’assessore regionale alla Cultura Gianni Torrenti, ha tagliato i costi del 30%? E con l’apporto dei privati per questo 2013 è giunto per ora a circa 400mila euro? E con il Comune che ha appena stanziato un milione 100mila euro, meno del milione e mezzo dello scorso anno (anche se il sindaco si è impegnato ad aggiungere 200mila euro)? E visto che già si sa che sarà difficile che la Regione eroghi cospicue risorse in più? «Fino a tre anni fa sembrava impossibile spendere meno di 24 milioni», ribatte Cosolini. Che intanto a Bray dirà la situazione “virtuosa” in cui è il Verdi: «I tagli agli organici qui sono già sostanzialmente stati fatti; e non c’è certo abuso sugli integrativi. Il quadro, grazie anche alla responsabilità dei lavoratori, è ben diverso che altrove». E i salari, interviene Orazi, «sono probabilmente tra i più bassi d’Italia». Da qui il tentativo da esperire, quello di «mitigare gli aspetti di iniquità» del decreto che gravano soprattutto sui dipendenti; e di stringere il «patto» forte con Roma «per salvare il Verdi».

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