Un obice da trenta tonnellate all’ingresso del “de Henriquez”
Attorno a un obice 305/17 (30 tonnellate e una gittata fino a 27 chilometri con un proiettile di 200 chili) nasce il Museo di guerra per la pace “Diego de Henriquez”. Un ossimoro niente male. Il percorso espositivo è in fase di allestimento. Una corsa contro il tempo. Mancata la data iniziale del 2 maggio (anniversario della morte dello stravagante collezionista Diego de Henriquez) si sta lavorando per il 18 giugno. I primi atti amministrativi sono stati deliberati, dal restauro dei manifesti all’acquisto di materiale fotografico. «Siamo a buon punto» assicura l’assessore alla cultura Franco Miracco. La realizzazione è affidata a Maria Masau Dan, direttrice dei civici musei che si avvale per l’allestimento dell’architetto Francesco Messina e dello storico Lucio Fabi. La collaborazione con Fabi (formalizzata con un incarico di collaborazione da 15mila euro) non è nuova per la direttrice dei musei civici. «Ho già allestito a Gorizia il Museo della guerra e mi sono affidata a due storici, il compianto Antonio Sema e Lucio Fabi. Voglio fare la stessa cosa a Trieste», aveva dichiarato in un’intervista un anno fa rammentando la sua esperienza di assessore provinciale alla Cultura di Gorizia. Del resto il curriculum di Fabi, nell’ambito della Grande Guerra, non teme confronti. La sua specialità è la progettazione di musei di guerra. Oltre a quello di Gorizia lo storico triestino ha collaborato all’allestimento del Museo militare del Sacrario di Redipuglia, al Forte Belvedere-Gschwent di Lavarone (Trento), il Forte Tre Sassi di passo Valparola a Cortina e il Museo del Territorio di Dogna. E ora il Museo di guerra per la pace “Diego de Henriquez” che potrebbe essere il suo capolavoro. «I musei di guerra per un discorso di pace» era il titolo di un conferenza tenuta da Fabi nel 2001. Lo spirito del collezionista de Henriquez potrebbe essere il giusto interprete nel costruire il percorso storico del museo triestino.
Non ci sarà però la stampella di Enrico Toti. È stato Fabi, infatti, a svelare nel 1999 che il ferroviere senza una gamba non morì scagliando la stampella contro il nemico, ma fu ucciso da un bombardamento austriaco nei pressi Monfalcone. Per questa sua scoperta subì un’interpellanza del deputato Roberto Menia a difesa della memoria offesa della medaglia d’oro Toti. «La stampella? Se la trova possiamo esporla. Va bene anche una copia conforme» ride Fabi.
Il progetto di allestimento, in attesa dei nuovi hangar (previsti per il 2016), si svilupperà su due piani nel padiglione fresco di restauro. Al piano terra, focalizzato sulla Grande Guerra, ci sarà il mega obice 305/17 Amstrong Pozzuoli. «Mi dicono sia il più grande cannone terrestre italiano recuperato da de Henriquez dalla parti di Villa Vicentina» dice con orgoglio militare l’assessore Miracco. «Disposto su 4 carri copre praticamente quasi 40 metri lineari dell’esposizione» aggiunge Fabi. Al piano terrà troverà spazio anche un altro cannone austriaco (20 metri su 2 carri), ma anche il carro trasporto feriti italiano e una cucina da campo. E, sempre che si faccia in tempo con il restauro, ci dovrebbe essere pure la carrozza funebre («Del tipo» precisa Fabi), proveniente dal lascito della ditta Zimolo, che trasportò il feretro dell’arciduca Francesco Ferdinando il cui assassinio a Sarajevo diede il via alla Grande Guerra.
Al secondo piano ci sarà uno spazio per un percorso storico di Trieste in guerra (dal 1914 al 1954) e uno dedicato alla figura del collezionista de Henriquez. «Questa sarà la prima parte delle tre sezioni del museo. Un primo allestimento, in attesa degli altri hangar dove troveranno posto il periodo della Seconda Guerra Mondiale, quello della Guerra Fredda fino ad arrivare ai nostri nostri» spiega la storico. Un percorso didattico. «Non vuole essere un museo solo per collezionisti, ma un museo didattico capace di far riflettere sul concetto di guerra e sul concetto di pace» dice lo storico ricordando il nome scelto da de Henriquez per la sua stravagante collezione. «Questo ossimoro museale è una vera sfida. Pace e guerra non possono coesistere. Questo museo dovrà far riflettere su questa antinomia. Nell’esposizione futura dovranno trovare spazio anche i movimenti pacificisti» assicura lo storico Fabi. Fate l’amore e non fate la guerra. Oppure “mettete i fiori nei vostri cannoni”. L’obice Amstrong Pozzuoli è avvertito.
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