Un museo della stampa pronto nel 2021 farà rinascere l’antica tipografia Smolars

È in fase d’allestimento in via Roma, sopra l’ex negozio, uno spaccato di storia cittadina, tra cimeli e foto d’epoca 
Gianni Paladini nel museo (Foto Lasorte)
Gianni Paladini nel museo (Foto Lasorte)

TRIESTE. Nasce a Trieste il primo museo della stampa. Troverà posto nel palazzo sopra l’ex negozio Smolars, negli uffici da un anno trasformati nello spazio di co-working Cowo. L’idea è della famiglia Paladini, già proprietaria della cartoleria e dell’azienda, che nelle scorse settimane ha iniziato a mettere mano ai magazzini, rivelando piccoli e grandi tesori. Alcuni sono già stati sistemati in qualche stanza, altri verranno collocati poco alla volta. Per ora le sale espositive resteranno chiuse al pubblico, anche a causa delle limitazioni legate al Covid-19, ma l’obiettivo è di aprirle ai visitatori nel corso del 2021.

Tra i reperti più affascinanti c’è un grande armadio del 1920, dotato di tanti cassetti stretti, che conservano ancora intatte decorazioni e “cliches” in zinco, che servivano alle stampe destinate a fabbriche, uffici, assicurazioni, enti locali e a tanti altri soggetti produttivi. Smolars infatti, fondata nel 1872, è stata anche un’importante tipografia alla quale, a inizio ‘900 ma anche più tardi, si rivolgevano le principali realtà cittadine. Tra i simboli conservati nel mobile ecco, allora, spuntare il sigillo di Trieste, alabarde di varie misure, segni religiosi, ma anche nomi molto conosciuti a Trieste, come quello della raffineria Aquila e del Lloyd Triestinoo.

«Servivano, ad esempio, a stampare i grandi libri per la contabilità», li mostra Gianni Paladini, amministratore delegato della Smolars: «Ne abbiamo conservati alcuni, che hanno oltre 100 anni. Anche in tedesco. Tra gli scaffali sono emersi poi calendari aziendali degli anni ’40 e documenti molto datati».

E, ancora, acco ulteriori immagini storiche, che fanno capire quanto peso aveva l’azienda in città, come una grande foto di gruppo, che mostra i dipendenti nel 1922, oltre 200. In un’altra sono in posa durante un momento conviviale, in un teatro. Risale alla stessa epoca un’opera in bronzo, che gli stessi impiegati avevano donato ai vertici durante una ricorrenza. Anche questa sarà esposta nel museo. Così come una serie di macchine da scrivere, di epoche e dimensioni diverse.

E poi qua e là c’è pure l’effige di Ludovico Smolars, il fondatore, che iniziò la sua lunga avventura con un piccolo negozio di cartoleria all’interno di palazzo Galatti.

Sul muro del corridoio invece è stato sistemato un particolare allestimento, curato da Metroarea. È quello delle matrici che caratterizzavano la monotype, “parente” della linotype, una grande macchina specializzata nella composizione di testi lunghi o complessi come libri, tabelle, elenchi e orari. Funzionava con un meccanismo ripreso poi nei primi calcolatori, la perforatura di nastri. In pratica, si digitavano sulla tastiera le lettere che finivano per bucare una lunga bobina di carta, che veniva poi smontata e spostata su una macchina compositrice che riproduceva la battitura.

Ma curiosando nelle altre stanze che conservano ancora vecchi cimeli, spunta davvero un po’ di tutto. L’idea di portare alla luce un pezzo della storia della città è anche dei figli di Gianni, Paola e Giulio. «Il progetto punta a creare un museo negli ambienti che ristruttureremo qui nel palazzo di via Roma – spiega Paola Paladini, responsabile di CoWo – prima di aprire ufficialmente ai visitatori».

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