Un legame di parentela tra Jovanka e lady Milosevic
La prima vive in miseria, la seconda nell’esilio dorato russo
TRIESTE Chissà se si sono mai incontrate. O forse, sfiorate solo con uno sguardo. Sta di fatto che la storia ha giocato un «brutto scherzo» alle due zarine degli ultimi 50 anni della storia della ex Jugoslavia. Sì, perché Jovanka, la vedova del Maresciallo Josip Broz Tito e Mirjana Markovic, vedova del defunto presidente Slobodan Milosevic, sono unite da un lontano legame di parentela.
Siamo nel 1946. Su Tito già afflitto da tanti problemi interni e dalle minacce straniere, si abbatte, come scrive lo storico inglese Jasper Ridley nel suo volume «Tito, genio e fallimento di un dittatore», una grande tragedia personale. Il 1° maggio del 1946, Zdenka Miletic, una delle donne del maresciallo, muore di tubercolosi, all’età di 27 anni. Tito soffrì molto per la sua perdita. Le fece erigere un monumento nel giardino della residenza presidenziale, a Belgrado, e ordinò che ogni giorno vi venissero depositati fiori freschi. All’inizio della guerra la cugina di Zdenka, Vera Miletic, aveva avuto una figlia da un comandante partigiano di Tito, Moma Markovic. Poco dopo la donna era stata arrestata dalla Gestapo.
Nel partito si disse che, sotto tortura, spiega lo storico Ridley, essa aveva rivelato i nomi di parecchi compagni, che, di conseguenza, erano stati arrestati e giustiziati dall’esercito tedesco. I suoi famigliari si rifiutarono di crederlo. Peraltro, se avesse mancato a questo supremo dovere di ogni comunista, chi aveva il diritto di accusarla se non quelli che avevano sopportato analoghe torture in silenzio? In seguito, tuttavia, essa venne fucilata dai partigiani come traditrice.
I genitori di Zdenka adottarono la bambina di Vera Miletic, Mirjana. Vivevano a Pozarevac, in Serbia, un’ottantina di chilometri ad Est di Belgrado. A Pozarevac sorgeva una splendida casa del Quattrocento, appartenente a un membro della famiglia Karadjeordjevic, lontano parente di re Pietro. Quest’uomo scomparve nel 1945 e la casa fu nazionalizzata. Le autorità decisero di preservarla come museo storico, in quanto bell’esempio di architettura storica serba. Ma a quel punto intervenne Tito , che insistette perché fosse assegnata ai genitori di Zdenka. Qui essi abitarono per il resto della vita insieme a Mirjana, e alla loro morte lasciarono la casa a lei. Mirjana sposò Slobodan Milosevic, fu così la moglie del presidente della Serbia fu la proprietaria della casa dove trascorse l’infanzia e che divenne la residenza estiva della coppia presidenziale Slobo-Mira quando era in auge.
Dunque, in un ceto senso, Tito adottò Mirjana Markovic in onore della sua Zdenka morta prematura di tubercolosi e perché, forse, non troppo condiscendente alla fucilazione per tradimento della cugina Vera. Quindi un legame, seppure di parentela adottiva tra i Maresciallo e Mirjana Markovic diventa innegabile agli occhi della storia.
Storia che può riservare sorprese molto amare. Infatti, quella Mirjana Markovic, «salvata» da Tito dalle inesorabili regole della «giustizia» del regime comunista, sposò, come detto, Slobodan Milosevic, da molti soprannominato il «novello Tito» per le sue idee di dare vita alla Grande Serbia. Il legame tra Jovanka, moglie del Maresciallo, e Mirjana è dunque innegabile. Sta di fatto che la parabola familiare e politica delle due donne è totalmente diversa. Jovanka si limita, pur con il suo potere «familiare», a svolgere il ruolo della prima donna della Jugoslavia di Tito, l’uomo che ebbe il coraggio nel 1948 di affrontare lo strappo con il Cominform sovietico. Mirjana Markovic, invece, da moglie di Milosevic, assunse il ruolo di soggetto politico attivo, diventando la guida del Partito comunista jugoslavo, guarda caso il più vicino alle idee che furono del Maresciallo Tito.
Mira Markovic è diversa da Jovanka, anche perché diversi sono gli anni in cui le due donne si affacciano sul palcoscenico della politica internazionale. La moglie di Milosevic è molto vicina a i figli e ai loro affari non troppo puliti. Il marito, Slobodan Milosevic va, nel 1989 nella Piana dei merli in Kosovo e in uno storico discorso delinea il suo progetto di Grande Serbia poi miseramente fallito con centinaia di miglia di morti. La Markovic con il suo partito comunista diventa, comunque, un partner importante del Partito socialista guidato dal marito.
Jovanka è una moglie gelosa e influente. Mirjana è un soggetto politico che, forse, interessa al marito più come aggregatrice di consensi che consorte nel senso tradizionale del termine. La tragedia jugoslava esplode e il legame «familiare» tra Jovanka e Mirjana viene volutamente gettato nel dimenticatoio. Jovanka è già precipitata tra i detriti della storia. Vive nella villa a pochi metri della «Casa Bianca», dimenticata dagli uomini e dalle istituzioni. Le uniche comparse pubbliche sono quelle del 4 maggio quando con il suo inconfondibile chignon si reca alla tomba di Tito per deporre un mazzo di fiori. Odiata e vituperata perché identificata come l’ultima icona vivente del regime comunista di Tito da sempre odiato dai serbi per il non certo trattamento di favore riservato alla loro etnia dal defunto Maresciallo. Solo l’anno scorso un giovane tassista di 25 anni ci «vomitò» addosso tutto l’odio per il regime titino reo, a sua detta, di aver sacrificato la migliore gioventù serba nella guerra di liberazione mandando reggimenti interi a morire disarmati contro i soldati tedeschi.
E poi c’è la totale diversità del declino delle due zarine jugoslave degli ultimi 50 anni. Jovanka viene «esiliata in patria», senza soldi e in una casa fatiscente, facendole così «espiare», senza processo alcuno, la colpa di essere stata l’ultima (la quarta) moglie del Maresciallo Tito. Mirjana, trasformatasi da «first lady» a vero e proprio leader politico capisce quanto stava succedendo dopo gli anni Novanta in Jugoslavia. E nel momento più difficile sparisce, assieme ai figli, a Mosca. L’amica Russia non fa una grinza. Cerca di far passare l’«esilio» della Markovic in secondo piano. Oggi Jovanka fa la fame. Mirjana vive nel suo esilio dorato moscovita godendosi i soldi racimolati nel corso delle sue ruberie durante il potere assoluto del marito morto da carcerato a Scheveningen. Anche questa è storia.
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