True Detective, discesa nell'abisso e ritorno

Alcune specie di vespa parassita depongono le loro uova nel corpo di un ospite vivente. Un bruco, un ragno. Dopo un periodo di incubazione, le uova si schiudono e le larve divorano l'ospite dall'interno, uccidendolo.
Ai nostri occhi, abituati a ben altri metodi riproduttivi, un simile parto appare raccapricciante. Eppure spettacoli come la maternità assassina delle vespe parassite sono frequenti in natura: funghi che prendono il controllo dei loro ospiti, larve di mosca nella cute dei mammiferi, cirripedi incrostati sul ventre delle balene. Un brulicare batterico e indifferenziato soggiace al paesaggio assolato che il camminatore montano osserva dall'alto, inspirando aria buona, per rinfrancarsi lo spirito.
Ai nostri giorni la presa delle religioni monoteiste sulla società si allenta, in particolare quella del cristianesimo sull'Occidente. Molti cercano nella mistica della natura, in varie declinazioni che vanno dalla Wicca alla deep ecology, le risposte spirituali che non trovano più nella fede dei padri. Ma la natura, appunto, è tanto la spiga che rinasce ogni anno quanto la larva di vespa che si nutre del corpo vivo del suo ospite. Fondersi con la natura può diventare una via d'uscita dal consesso umano, scelta che ci pone a confronto col grande tema filosofico dell'ultimo secolo, il nichilismo. Il libro True Detective - Una filosofia del negativo (Il melangolo, 2019) di Antonio Lucci riflette su questo fenomeno spirituale attraverso una delle serie televisive più potenti e riuscite di questa generazione: la prima stagione di True Detective.
Così come il suo archetipo, Twin Peaks, anche True Detective verte sul problema del Male. Lucci studia la prima stagione divergendo per scelta esplicita dai tanti libri intitolati "Filosofia di...", e spiega:
Il film viene quasi sempre, riassumendo, considerato un oggetto, ma non il soggetto della filosofia: esso viene preso, nel migliore dei casi, come un qualcosa da interpretare, ma praticamente mai come un lavoro filosofico in sé, come un discorso filosofico.
Il lavoro di Lucci è volto invece a portare alla luce il contenuto teorico, propriamente filosofico, della serie True Detective intesa come opera filosofica in sé, e non come serie televisiva basata su contenuti filosofici presi altrove (dalla storia della filosofia), che vengono semplicemente trasposti in immagini. Operazione che l'autore porta a compimento in modo eccellente, sia per agilità di scrittura che per ricchezza e profondità di riferimenti. Aggiungeremo qualche nota a margine al suo lavoro, cercando di restarvi fedeli: senza distaccarci dalla serie intesa come opera filosofica, porremo l'accento sulla sua peculiare dimensione cristiana.
La vicenda di True Detective si svolge su tre diversi piani temporali, dal 1995 al 2012, in Luisiana. Protagonisti sono i due detective Rust Cohle e Marty Hart, magistralmente interpretati da Matthew McConaughey e Woody Harrelson, impegnati nella decennale caccia a una setta di assassini di donne e bambini, le cui ramificazioni si estendono al potere temporale e alla chiesa del profondo sud degli Stati uniti.
Semplificando, potremmo dire che Lucci individua tre visioni del mondo nei personaggi della serie.
Marty, poliziotto americano tutto d'un pezzo, è l'uomo comune. È cristiano più per dovere che per fede, convinto che la religione serva a mantenere l'ordine e la solidarietà fra gli uomini, che senza la fede cadrebbero in balia delle loro pulsioni bestiali. Pieno di contraddizioni, si racconta come un amorevole pater familias quando in realtà è un marito fedifrago e un poliziotto violento, ancorché onesto.
Rust è un uomo distrutto dalla morte della figlia bambina, sopravvissuto ad anni di operato sotto copertura nel narcotraffico. Solitario e inflessibile, espone nel corso dei suoi battibecchi con un Marty annoiato e indignato la propria filosofia. Il suo è un pensiero improntato a un nichilismo assoluto, secondo cui la vita umana è un mero errore evolutivo, e la coscienza non è altro che l'illusione di una marionetta di carne di essere qualcuno, di essere una persona. Affetti, fede, valori, speranza, sono per Rust nient'altro che illusioni di cui l'umanità dovrebbe liberarsi, scegliendo la via caritatevole di un'estinzione graduale e volontaria, smettendo di riprodursi. È stato osservato che il pensiero del personaggio ricalca le tesi dello scrittore horror americano Thomas Ligotti, da molti considerato il vero erede di Lovecraft. L'analisi di Lucci, a cui rimando, prova però come Rust sia ben più sfaccettato e complesso di un mero ventriloquo di Ligotti e del suo libro più famoso, La cospirazione contro la razza umana (Il Saggiatore, 2016).
La setta degli assassini, incarnata dalle immonde figure di Reggie Ledoux e di Errol Childress, è oggetto di un'autopsia puntuale da parte di Lucci. Per loro il tempo è un'illusione derivante dal nostro essere mortali. Time is a flat circle: ogni attimo è indelebilmente scolpito nella struttura dell'eternità, inamovibile, irrevocabile. Per dirla con Nietzsche, siamo condannati a vivere l'Eterno ritorno, a ripetere infinite volte l'esperienza finita della nostra esistenza. La setta abbraccia questa prospettiva angosciante perseguendo una via che Lucci accosta alla gnosi: il tempo ciclico annulla ogni speranza nel senso, la nostre vite sono soggette all'immutabile volere della Necessità, o all'oscura provvidenza degli gnostici, Heimarmene. L'unico modo per averne il dominio è osservare il tempo dall'alto di un'altra dimensione, le vite degli uomini appiattite come i disegni di un bambino su un foglio di carta. Per farlo la setta recide ogni legame con l'umanità nel tempo, ogni legame generazionale: l'assassinio del padre, l'incesto, la violenza contro i bambini eliminano i cultisti dal novero degli umani, portandoli a un livello altro, quello dell'animale o del dio, o meglio del dio-animale.
Per Rust l'incontro con la setta è doppiamente inquietante: da un lato le affinità del loro culto con il suo pensiero, dall'altro il sospetto che il loro punto di vista sull'universo sia più corretto del suo. Confrontandosi con Childress e i suoi seguaci, Rust si trova costretto a considerare la possibilità che il mondo sia più di ciò che appare, prospettiva di per sé claustrofobica, ma che dietro vi sia dell'altro, e che quest'altro sia Orrore. Che l'universo non sia soltanto un deserto di nulla, ma anche casa di abomini cosmici. Like a lot of dreams, there's a monster in the end of it.
In Tra le ceneri di questo pianeta, libro fulminante citato anche da Lucci ed edito in Italia da Nero, il filosofo statunitense Eugene Thacker constata la presenza di tre anime nel black metal, genere musicale che Thacker reputa una colonna sonora appropriata ai nostri tempi. Esiste un black metal neopagano, un black metal satanista e infine un black metal la cui spiritualità è ispirata a una mistica del pianeta senza-di-noi, del cosmo al netto dell'umano. I gruppi black appartenenti all'ultimo gruppo sono rarissimi se non inesistenti: Thacker cita come esempio il suono dei Sunn O))).
Se Rust fosse un metallaro black, si iscriverebbe senz'altro a quest'ultimo gruppo. La setta di Childress, invece, sembra stare a cavallo fra i primi due: i riti sacrificali, le immagini di uomini con corna di cervo, gli acchiappasogni di legno sembrano alludere a un'oscura adorazione delle forze primordiali. L'identificazione con il pre-umano li avvicina alle pratiche del voodoo o dei culti orfici. Propagano l'orrore dall'interno della società come le larve della vespa nel corpo dell'ospite. D'altra parte la centralità della figura del Re Giallo e le profezie apocalittiche che lo accompagnano danno una coloritura satanica alla loro fede: i seguaci della setta non sono soltanto inumani, sono malvagi.
Nel dolore sta l'inconciliabilità tra i due approcci. La setta persegue il dolore, proprio e altrui, come mezzo di trascendenza. Per Rust il dolore del prossimo è invece ciò che non si può tollerare: come rilevato da Lucci, il detective nichilista è fanaticamente devoto alla correzione dei torti, pur essendo uno che vede le persone come marionette di carne.
In questo Rust è molto più nietzscheano di Ledoux con le sue chiacchiere sull'eterno ritorno: saper trascendere i valori della società non significa convertirsi in bestie. Ma qui troviamo anche il ruolo provvidenziale del suo personaggio, aspetto su cui imbocchiamo un sentiero parallelo a quello di Lucci. Che ci sia un legame fra la fede cristiana e Rust è provato dalle numerose inquadrature che, nel corso della serie, lo abbinano alla Croce.
Cosa ci dice del cristianesimo True Detective? Il quadro è sconfortante. Il reverendo Billy Lee Tuttle, la chiesa istituzionale, al di là dell'apparente bonomia è uno dei motori della setta del Re Giallo. Il pastore Joel Theriot, predicatore carismatico, viene distrutto dalla scoperta del male che si annida nella chiesa e perde la fede, diventando un alcolizzato. Resta Marty, il cristiano comune, colui che si definisce tale perché la domenica reputa suo dovere portare la famiglia in chiesa: la sua è la figura migliore tra i tre, alla fine il suo anelito contraddittorio a essere una brava persona lo porta ad avere un ruolo risolutivo nella vicenda.
L'autore della serie, Nick Pizzolatto, potrebbe forse sottoscrivere la frase di Ernst Bloch secondo cui solo il cristiano può essere un buon ateo, solo l'ateo può essere un buon cristiano. La vera Figura Christi è infatti Rust, il confessore dei criminali, colui che medita sul crocifisso l'esperienza del Getsemani. Ferocemente avverso a ogni religione, sacrifica la propria vita per il prossimo, inchiodato al male, come il Figlio di Dio sulla Croce, nel momento in cui Errol Childress lo solleva in aria infilandogli una lama nel ventre: come die with me, little priest, gli sussurra l'assassino nei corridoi di Carcosa.
Rust è Figura Christi per le opere che compie e non per la fede che professa. Al di là delle chiese e dei dogmi, al di là della tradizione, al cuore del cristianesimo resta l'irriducibile rivolta contro la sofferenza del debole, anche in un universo disperato. Insorgere contro il male senza aspettarsi alcuna ricompensa, anche sotto un cielo vuoto, è il gesto che spezza il cerchio dell'eterno ritorno, aprendo la strada a un tempo lineare: light is winning.
Nell'ultima puntata Rust abbandona il suo nichilismo, ma non si tratta di una conversione intellettuale: durante la sua traversata nella morte incontra, in un nulla al di là del nulla, l'amore di sua figlia e di suo padre, collocandosi finalmente nella catena di generazioni che la setta mirava a svellere. Al fondamento del Reale, oltre il deserto, Rust scopre che l'unica realtà è l'amore. Il mondo resta un incubo, dominio delle tenebre, ma la luce esiste. E non smette mai di combattere.
Riproduzione riservata © Il Piccolo