Trieste, timbra il cartellino e torna a casa: ex vice soprintendente verso il processo
TRIESTE Ancora badge non timbrati e uscite “disinvolte” dal posto di lavoro. Dopo i casi scoppiati alla Ragioneria Territoriale dello Stato e al Commissariato di polizia di Duino - gli ultimi in ordine di tempo - la Procura ha riaperto un’indagine sugli uffici della Soprintendenza. Ed è la seconda volta che lo fa nel giro di qualche anno: aveva suscitato scalpore l’inchiesta del 2012 con i quaranta impiegati di Palazzo Economo, in piazza Libertà, sorpresi a fare la spesa o andare a passeggio. L’indagine, stavolta, si è spostata su un palazzo a qualche decina di metri di distanza, l’ex sede dell’Archeologia del Fvg in viale Miramare, con una serie di accertamenti su un ex funzionario: il cinquantanovenne Domenico Alfredo Maria Marino, vicario dell’allora soprintendente Luigi Fozzati.
A Marino, accusato di truffa, viene contestata l’omissione di svariate timbrature. Stando a quanto appurato nell’inchiesta della polizia, coordinata dal pm Cristina Bacer, il cinquantanovenne avrebbe approfittato del fatto che il proprio alloggio si trovava proprio nello stesso palazzo in cui erano ubicati gli uffici della Soprintendenza. In buona sostanza l’uomo talvolta figurava ufficialmente in servizio, mentre in realtà era comodamente a casa sua. Questa, in sintesi, la pista investigativa della Procura.
In altre circostanze, invece, Marino usciva liberamente senza strisciare il cartellino. È il caso del 14 marzo 2016: dopo aver timbrato alle 14.08 e alle 14.15 per una rapidissima pausa pranzo, il dirigente si allontana nuovamente dalle 14.15 alle 14.53 senza giustificare l’assenza. Il mese successivo, invece, l’indagato si autorizza autonomamente una missione - in quanto vicario del Sovrintendente - a partire dalle 8 del mattino. Fa risultare la propria presenza a partire da quell’orario, quando invece, secondo i filmati acquisiti dagli inquirenti, Marino entra in ufficio alle 9.05. Nell’ora prima è ancora a casa. Situazioni analoghe, sempre con le «missioni» di mezzo, vengono riscontrate il 2 maggio 2016 e il giorno successivo. Anziché cominciare alle 8, come appunto indicato, a quell’ora il funzionario risulta ancora a casa sua.
Il 16 marzo dello stesso anno gli investigatori pizzicano il funzionario in uscita alle 15.30, sempre senza usare il badge. Ma il diritto interessato giustifica l’assenza, il giorno dopo, con una dichiarazione in cui attesta di essersi «dimenticato» di strisciare il cartellino e di aver prestato servizio fino alle 16.40. Quando però le immagini dicono 15.30.
La magistratura contesta all’uomo analoghi comportamenti il 31 marzo (55 minuti di assenza), il 4 aprile (32 minuti), il 7 aprile (52 minuti) e il 18 aprile (39 minuti).
Ma l’indagine è andata oltre e ha passato al setaccio pure la documentazione presentata dal funzionario alla magistratura non appena è scattato l’avviso di garanzia dalla Procura. Prima di essere interrogato, Marino avrebbe indotto in errore la dipendente della Soprintendenza che all’epoca si occupava della gestione delle presenze, Isabella Sidoti. Secondo le ipotesi formulate dal pm Bacer, il dirigente avrebbe consegnato all’impiegata modulistica falsata così da giustificare, a posteriori, le assenze. L’elenco, in questo caso, è piuttosto lungo.
Ma il funzionario, stando all’inchiesta, non sarebbe riuscito nel proprio intento: Sidoti si sarebbe insospettita dal fatto che i documenti ricevuti dal superiore erano privi di protocollo e riproducevano tutti un timbro che riportava una data diversa da quella di presentazione del documento.
Marino, inoltre, avrebbe allegato documentazione falsa anche alla propria memoria difensiva depositata un anno fa al pm: autorizzazioni a recuperare lavoro straordinario e autocertificazioni sulle timbrature sfasate. L’ex funzionario comparirà domani davanti al gup Luigi Dainotti per l’udienza preliminare: il pm Bacer ha infatti chiesto il rinvio a giudizio per l’indagato.
Nei piani alti della Soprintendenza sono a conoscenza dell’inchiesta. E anche da chi sarebbero partite le segnalazioni sulle presunte irregolarità. Si tratterebbe di una resa dei conti tra colleghi e funzionari. Vecchi veleni e conti in sospeso. Il legale dell’accusato, l’avvocato Alessandro Giadrossi, assicura che il proprio assistito ha «agito correttamente» negli anni in cui era in servizio con quel ruolo: «Il signor Marino non aveva alcun motivo di approfittare - osserva l’avvocato -, era un dirigente e per questo era spesso fuori. E non aveva alcun obbligo di cartellino. Ma la questione, in realtà, è molto giuridica».
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