Trieste, sul caso Irci scatta l’ultimatum al Comune
Non è bastato al sindaco promettere nuovi accordi “entro settembre”, per le associazioni degli esuli istriani l’uscita non preannunciata del Comune dall’Irci resta il «tradimento di un progetto». «Se in due giorni la Giunta e Cosolini non specificheranno se si tratti o no di un problema politico daremo - ha annunciato Massimiliano Lacota, presidente dell’Unione degli istriani - una mano noi, faremo ulteriori azioni». E inoltre non sono più disposti a serenamente aspettare “sine die” l’allestimento e la gestione del Museo della civiltà istriana, fiumana e dalmata di via Torino («al Comune il restauro non è costato un euro»), «visto che dall’epoca di Illy-Damiani e cioé dal 1999 ne è passato del tempo e nulla si è fatto», come ha rilevato Manuele Braico, presidente dell’Associazione delle comunità istriane. Né vogliono sentir dire di «una convenzione da rifare: ce n’è una pronta ancora dall’epoca di Dipiazza a fine mandato».
Il mondo dell’esodo si mantiene offeso e mette in marcia l’ultimatum: «Vigileremo perché le situazione sia risolta entro la data indicata dal sindaco, anche se non capiamo perché si deve aspettare settembre». La spinta sta anche in una promessa di denaro: «I soldi che le nostre associazioni e le altre in Italia ricevono a titolo di legge per le loro attività saranno devoluti, e per 5 anni, a sostenere le spese per le iniziative attivate nel museo» ha lanciato lì Renzo Codarin, a capo dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.
Ieri mattina in una conferenza stampa convocata al caffé Tommaseo proprio a ridosso dell’incontro chiarificatore chiesto dal sindaco le posizioni sono state ribadite intere, la miccia dell’Irci continua a far fuoco nonostante Cosolini abbia promesso di verificare la possibilità di un rientro del Comune come socio. Braico: «È l’ora di far valere le nostre ragioni, di concludere questa annosa questione, tutti uniti: si deve guardare avanti senza dimenticare il nostro passato perché un popolo senza storia non ha un futuro». Ci si appella all’Istria senza più confini con l’entrata della Croazia nella Ue, al turismo “della storia” che finora va e viene senza ricevere notizie sugli esuli. È Lacota il più severo, parla di «tradimento del progetto», di «Irci che compie 30 anni e nell’occasione il Comune che esprime il vicepresidente ne esce stimando l’Istituto come una qualunque associazione, mentre noi veniamo a sapere le cose da organi d’informazione».
Anche Codarin parla di «patto fra gentiluomini violato» in presenza di una convenzione già scritta, «solo da firmare». Ma smussa sul “caso politico”: «Dopo l’istituzione della Giornata del ricordo, nel 2014 saranno 10 anni, nessun problema con governi né di destra né di sinistra». Teme piuttosto che il Comune possa disimpegnarsi anche dai 70 mila euro annuali «a sostegno della gestione mai assunta in proprio, e già insufficienti, e invece deve trovare risorse ulteriori». Si annunciano anche nuovi lavori di adeguamento in via Torino, ma solo dopo la firma della convenzione Irci-Comune, per accogliere i “quadri istriani” oggi conservati provvisoriamente al Museo Sartorio. Lacota riassume i compiti dati: «Il Comune deve rimanere socio dell’Irci. Non deve scrivere una convenzione nuova. E ha due giorni per chiarire il problema politico».
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