Trieste, sotto il muro in un’ala del castello spuntano dei binari di un treno

Le travi, scoperte durante un restauro, sono state utilizzate dall’architetto per sorreggere la torretta
Le travi, in realtà binari di un treno, utilizzate a metà Ottocento da Carl Junker per sorreggere la torretta
Le travi, in realtà binari di un treno, utilizzate a metà Ottocento da Carl Junker per sorreggere la torretta

TRIESTE E chi l’avrebbe mai detto che un ingegnere potesse pensare, nella seconda metà dell’Ottocento, di utilizzare dei binari di un treno per sorreggere la torretta del castello di Miramare? È quello che è stato scoperto di recente, durante il restauro che ha coinvolto anche il corridoio del secondo piano. L’ideatore fu Carl Junker, architetto non ancora trentenne, che fino ad allora si era occupato di opere ferroviarie e di idraulica, come l’acquedotto che ancora oggi serve la città di Trieste.

È lui che, in qualità di progettista della dimora di Massimiliano e Carlotta, costruita tra il 1856 e il 1860 in stile eclettico, decise di adottare una soluzione assolutamente all’avanguardia per l’epoca: per sorreggere la torretta sfruttò infatti delle travi in ferro, che in realtà erano appunto dei binari del treno, che ora, dopo il trattamento antiruggine, sono diventate blu.

È sorprendente inoltre che ancora oggi si noti nitidamente il perfetto stato di conservazione della bulloneria ottocentesca delle assi, come osserva Carlo Manfredi, uno dei tre funzionari architetti dedicati al castello, che sottolinea: «È stata la formazione al Politecnico di Vienna negli anni in cui l’Impero programmava un’espansione e un aggiornamento basati sui nuovi strumenti di produzione, sulla scienza e sull’industria, a orientare l’operato del giovane architetto all’uso di materiali e tecniche di più immediata applicazione e più duttili nell’uso, affidabili e soprattutto standard».

Grazie all’intervento strutturale di Junker si sono così potuti creare degli spazi come il corridoio del secondo piano, che altrimenti non si sarebbe potuto realizzare. Spiega infatti Manfredi: «La torre in pietra si sviluppa per un’altezza che, dal pianoterra, supera i trenta metri. La muratura che la costituisce, però, è continua solo al di sopra del secondo piano, cioè da meno di metà dell’altezza. L’enorme peso infatti appoggia in gran parte “in falso”. Nessun castello di epoca medievale sarebbe mai potuto essere costruito in tal modo. L’artificio, ardito nel 1860 e che ancora desta qualche stupore, è reso possibile dal fatto che il carico è supportato da travi in ferro (tecnicamente si comportano da “poutrelles”, lavorando cioè a trazione). In questo modo il carico dell’angolata interna viene distribuito su porzioni murarie non contigue, permettendo così ampia libertà distributiva ai piani sottostanti».

Tale particolare è emerso di recente nel corso dei lavori di consolidamento delle strutture alla base della torretta e, in particolare, di rifacimento di una stanza, ridotta a lungo a deposito, dove le infiltrazioni avevano completamente demolito il controsoffitto. E se non si fossero utilizzati i binari del treno, a quale espediente si sarebbe ricorsi? «Muro pieno», risponde Manfredi, ovvero un muro continuo, molto possente alla base, che dalle fondazioni sarebbe stato eretto fino alla sommità dell’edificio. —


 

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