Trieste si spacca su via Almirante. L'alt di Dipiazza
TRIESTE. La giunta di Trieste si smarca da se stessa sulla vicenda di “via Almirante”. Il giorno dopo che l’assessore Angela Brandi ha fatto propria la mozione di Fratelli d’Italia per l’intitolazione d’una via al fondatore del Msi, è lo stesso sindaco Roberto Dipiazza a prendere le distanze: «La mozione è stata fatta propria dalla giunta per evitare che il Consiglio impegnasse quattro giorni a discutere del nulla. In ogni caso l’intitolazione non si farà. Non è mica la prima volta che succede».
Il primo cittadino lo precisa dopo che la sua formazione in Consiglio, la Lista Dipiazza, ha annunciato la sua presa di distanze dalla scelta. «Non solo la lista, anche il sindaco si è smarcato - dichiara Dipiazza -. Io ho chiuso il Novecento a Trieste con il concerto dei tre presidenti. Poi il Consiglio può votarsi quello che vuole».
La mozione, però, è stata fatta propria dall’assessore Brandi: «Ho evitato così quattro sedute di discussione sul nulla». Dipiazza conferma poi che la via non si farà: «Anche il vicesindaco Damiani approvò una mozione analoga. Poi l’hanno fatta la via? No. E allora non la farò neanche io. Peraltro oggi è piuttosto complicato intitolare nuove strade».
Nel frattempo, però, la questione sta suscitando le prevedibili polemiche. Non ultimo per le dinamiche della serata in aula. Buona parte della giunta, incluso sindaco e vicesindaco, non era presente al momento fatidico. E non è un segreto che una bella fetta della maggioranza guardasse di sottecchi alla proposta del capogruppo di Fratelli d’Italia Claudio Giacomelli.
Lo prova la nota emessa ieri da consiglieri e assessori della Lista Dipiazza, in sintonia con la posizione del sindaco: «La Lista civica, anche sollecitata da molti suoi elettori, si dissocia. Crediamo che i drammi del Novecento li abbiamo chiusi con il concerto che il nostro sindaco ha organizzato il 10 luglio 2010 con i Presidenti di Italia, Croazia e Slovenia, sotto la direzione del maestro Muti».
Il Pd invece mette ad alzo zero tutti i suoi cannoni. La presidente Fvg Debora Serracchiani commenta: «Trieste ha bisogno che tutte le forze costruttive lavorino per far crescere una città che sta esprimendo la sua grande potenzialità in campo emporiale e d’innovazione. Non ha bisogno di operazioni ideologiche e divisive». Per la presidente «c’è una destra nostalgica che sembra non riuscire a liberarsi dal suo passato. Quando oggi intitoliamo un luogo pubblico, dobbiamo essere sicuri che quei nomi siano sentiti propri e apprezzati almeno da una larghissima parte della comunità».
Conclude Serracchiani: «C’è da chiedersi come possa essere patrimonio condiviso di Trieste il nome di un politico come Giorgio Almirante, che ancora negli anni ’80 durante un congresso del suo partito aveva rivendicato con orgoglio “Il fascismo è qui”».
La segretaria regionale del Pd Antonella Grim dichiara: «Considerando i drammatici risultati che l’ideologia della superiorità della razza ha prodotto in Europa non mi stupisco che alcuni consiglieri di centrodestra si siano sentiti profondamente in imbarazzo e abbiano scaricato la loro stessa maggioranza».
In una conferenza stampa al fianco della capogruppo Fabiana Martini e del consigliere Giovanni Barbo, il segretario provinciale dem di Trieste Giancarlo Ressani commenta: «Riteniamo sia un atto grave e offensivo per la città di Trieste. Gli atti pubblici non sono carta straccia, così facendo Dipiazza smentisce sé stesso e si conferma sindaco soltanto di una parte della città».
Aggiunge Martini: «La scelta della giunta è l’ennesimo atto con cui si depaupera il Consiglio della possibilità di confrontarsi». Così Barbo: «In ordine del giorno c’era la nostra mozione per il ricorso contro il metanodotto di Trieste. Pur essendo urgente, è stata rimandata per questo motivo».
In un intervento alla Camera, la parlamentare Tamara Blažina ha ricordato che «Trieste è città medaglia d’oro della Resistenza, l’unica città italiana con un forno crematorio per lo sterminio degli antifascisti nonché la città dove nel 1938 sono state annunciate le leggi razziali».
Il presidente provinciale dell’Anpi Fabio Vallon osserva che la proposta di Fratelli d’Italia si inserisce in un discorso culturale in corso ormai da anni. Per Vallon si sta passando dal «racconto dei crimini dei partigiani per giustificare quelli dei nazifascisti affermando il concetto “tutti cattivi quindi nessun cattivo”» ad una nuova strategia «forse ancora più pericolosa».
Secondo l’Anpi l’obiettivo sarebbe affermare che «repubblichini e partigiani erano mossi entrambi da nobili propositi, benché opposti, e quindi tutti buoni: così si potrà realizzare la necessaria pacificazione di eventi lontani e passati».
Ma se «lasciamo passare questa strategia», prosegue l’associazione partigiana «il prossimo passo sarà quello di trasformare la nostra Costituzione da antifascista ad a-fascista». E la democrazia, conclude, «o è antifascista o non è».
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