Trieste, senza tomba la badante uccisa

TRIESTE Un’incredibile e lunghissima storia di diritti calpestati, certificati negati, burocrazia miope e rapporti internazionali difficili. È quella di Slavica Kostic, la badante serba di 38 anni, uccisa a giugno dall’ex marito Dragoslav Kostic, 61 anni.
A distanza di cinque mesi dall’omicidio, infatti, i resti della donna - soffocata con un filo elettrico dall’ex compagno e poi abbandonata priva di vita in una discarica in Slovenia a pochi chilometri dal confine -, giacciono ancora all’obitorio di via Costalunga.
Perché, nonostante gli appelli e le richieste avanzate più volte dai familiari, quel che rimane del corpo di Slavica non può essere portato in Serbia, sua terra natale e deve, al contrario, restare a Trieste. E non perché manchi il nulla osta del pm Matteo Tripani, titolare delle indagini sull’omicidio, che lo ha concesso già in luglio, bensì perché non c’è ancora il passaporto mortuario. E senza quel documento le ossa di Slavica non possono essere portate via dall’Italia.
Ma perché non è stato rilasciato il passaporto mortuario? Perché non si sa ancora dove Slavica sia morta. Gli inquirenti cioè sanno come è stata uccisa e dove sono stati gettati i suoi resti (come detto una discarica vicino a Sesana), ma ignorano dove esattamente - in Italia o Slovenia - sia stata uccisa e in che luogo dunque abbia esalato l’ultimo respiro.
La questione, per quanto a molti possa apparire paradossale, non è assolutamente di poco conto. Se Slavica fosse morta in Italia, nell’appartamento di via del Roncheto 91, dove Kostic l’ha affrontata stringendole al collo un filo elettrico, il certificato di morte spetterebbe all’ufficiale di stato civile italiano. Al momento però questa certezza non c’è.
Al contrario il fatto che i resti della donna siano stati trovati in Slovenia a pochi chilometri dal confine lascia supporre che quel certificato debba essere redatto dall’ufficiale di stato civile della sloveno. E più precisamente del Comune di Sesana. Perché la discarica si trova a Kreplje, vicino a Duttogliano. E dunque il “nulla osta” dipenderebbe proprio da quell’autorità amministrativa.
Così mentre i resti riposano nella cella mortuaria di via Costalunga (di fatto “prestati” all’Italia per svolgere le indagini, visto che a luglio era stata eseguita la Tac virtuale), i familiari della donna attendono impotenti mentre la burocrazia, infischiandosi del loro dolore, spezza il capello (della logica) in quattro.
Anche perché, una volta compilato e inviato in Italia, l’eventuale certificato sloveno dovrà poi, ovviamente, essere tradotto legalmente in italiano e reso ufficiale a tutti gli effetti. Solo a quel punto potrà finalmente essere recepito dall’ufficiale di stato civile italiano. Il quale darà - ma è impossibile prevedere in quanto tempo - l’ok per la concessione del passaporto mortuario.
Solo allora, con quel documento disponibile, il carro funebre con le spoglie della donna uccisa dall’ex nello scorso giugno potrà lasciare Trieste e raggiungere la Serbia, dove, in un cimitero nei pressi di Kucevo, Slavica potrà essere sepolta.
Ma, e questo è il secondo incredibile paradosso, senza quel certificato sloveno Slavica non potrà essere sepolta nemmeno a Trieste, appunto perché mancherebbe sempre e comunque su quel pezzo di carta, l’indicazione del luogo della morte. Trieste o Duttogliano? Italia o Slovenia?
Intanto la macchina giudiziaria va avanti. Il gip Laura Barresi ha accolto la richiesta del pm Matteo Tripani di rito immediato. E ha fissato l’udienza per il prossimo 3 marzo. Nel decreto vengono chiaramente formalizzate le accuse nei confronti di Drago Kostic: omicidio premeditato aggravato «mediante elettrocuzione utilizzando un cavo inserito nella presa di corrente» e occultamento di cadavere «in una zona boschiva a ridosso del confine italo sloveno di Fernetti».
Drago Kostic è difeso dall’avvocato Gianfranco Grisonich il quale - è probabile - chiederà il rito abbreviato. I figli e il fratello di Slavica sono rappresentati dagli avvocati Paola Valle e Paolo Codiglia.
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