Trieste, protesta in carcere, l’appello di Sbriglia
Lo “sciopero del carrello”, così nelle carceri viene denominato il rifiuto del cibo per protesta da parte dei detenuti, è continuato anche ieri nella casa circondariale del Coroneo. Ad aderire tre quarti delle persone recluse che, per non far passare inosservato il loro gesto di denuncia, alle 12 e poco dopo le 17.30, nella mezz’ora che precede la somministrazione dei pasti, sbattendo posate e pentole sulle sbarre delle celle e urlando hanno richiamato l’attenzione sull’esigenza dell’approvazione di un nuovo ordinamento per le carceri e di interventi sull’edilizia. «Se le manifestazioni di protesta continueranno mantenendo l’alveo pacifico e il civismo dimostrato finora - commenta Enrico Sbriglia, provveditore dell’amministrazione penitenziaria per il Triveneto e ora anche per l’Emilia Romagna e le Marche - sarà un modo corretto di protesta, rispettoso anche di una figura come quella di Marco Pannella, vero guerriero delle battaglie civili e della nonviolenza».
Sbriglia fa notare che se la protesta all’interno del Coroneo è stata pacifica è frutto anche di un rapporto proficuo, di confronto e di dialogo, tra il personale che opera nella casa circondariale e le persone recluse. Lo sciopero indetto a livello nazionale dai Radicali (parte dei detenuti che sta rifiutando i pasti a Trieste vi ha aderito), è previsto prosegua fino al 21 agosto. Sbriglia è stato immediatamente avvisato della contestazione al Coroneo, struttura che ha diretto per ben 22 anni. «Ho attenzione per i detenuti - dichiara il provveditore - e comprensione e solidarietà per il personale sul quale vengono scaricate tensioni e difficoltà, che si sta dimostrando capace di non perdere l’autocontrollo e di mantenere, nel rispetto delle regole, l’ordine e la legalità.
Auspico che la protesta non degeneri - aggiunge - e per questo servono risposte concrete: il ministro Orlando, con i suoi sottosegretari, si sta impegnando, ma ciò non basta evidentemente, alcune riforme vanno fatte in tempi rapidi». Due, secondo il provveditore, gli interventi più urgenti: «Va rafforzato il numero degli operatori penitenziari specialistici come educatori, mediatori, psicologi e medici - sottolinea - oltre naturalmente a quello degli agenti di polizia penitenziaria, e va migliorata la qualità della vita all’interno del carcere anche attraverso interventi edilizi, immaginando nuove architetture e progettualità che consentano ai detenuti un miglior mantenimento delle relazioni famigliari e sociali, e agli operatori di lavorare in condizioni logistiche più favorevoli».
Nei mesi scorsi il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha costituito diversi tavoli di lavoro, i cosiddetti “Stati generali dell’esecuzione penale”, per l’elaborazione degli schemi di decreto legislativo per la riforma dell’ordinamento penitenziario. «Ne sono discese tre commissioni costituite da esperti qualificati - spiega Sbriglia - che hanno il compito di redigere schemi di decreti legislativi, riguardanti tra l’altro modifiche alla disciplina delle misure di sicurezza, dell’assistenza sanitaria, del lavoro e dell’edilizia penitenziaria». Secondo Sbriglia le strutture penitenziarie vanno modificate. «Anche nella pietra dev’esserci un’anima - fa notare - non devono essere pensate come strumenti contenitivi ma di rieducazione, e a quanti contestano eventuali investimenti sulle strutture penitenziarie faccio notare che, se certi reati sono diminuiti, è anche grazie all’importante lavoro svolto dal sistema carcerario che, nonostante le sue pecche, e grazie agli sforzi del personale che vi opera con passione e coraggio, è indirizzato a far rialzare le persone e non a distruggerle. Spendere per le istituzioni penitenziarie - conclude - significa investire in sicurezza e prevenzione». Quanto ai prossimi giorni di sciopero Sbriglia confida anche nell’intervento dei Radicali per «accendere il civismo e spegnere qualsiasi forma di protesta barbara e vendicativa».
Sulla protesta in atto al Coroneo interviene anche il garante dei diritti dei detenuti, l’avvocato Elisabetta Burla. «Nella struttura di Trieste - suggerisce - bisognerebbe intanto intervenire in tempi ragionevoli per implementare le attività formative e lavorative, come richiesto anche dai detenuti, e per agevolare i rapporti familiari andrebbe inoltre resa più accogliente e a misura di bambino la sala dei colloqui». Burla precisa inoltre che si sta lavorando a una ripresa del sistema che consentiva ai detenuti di parlare, attraverso Skype, con le persone loro care ma distanti e che era stato introdotto solo come progetto a tempo determinato.
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