Trieste: maxi-tendone rimosso sotto la lente della Procura

Al vaglio del pm Frezza la diffida della soprintendente Picchione che aveva fatto smontare la struttura per l’Eurocarnevale. Proroga di 6 mesi all’inchiesta per truffa
Di Matteo Unterweger
Foto BRUNI TRieste 07.09.12 Dott.ssa Maria Giulia PICCHIONE-Sovr.Beni Culturali
Foto BRUNI TRieste 07.09.12 Dott.ssa Maria Giulia PICCHIONE-Sovr.Beni Culturali

La Procura di Trieste vuole vederci chiaro a proposito della rimozione del maxi-tendone che, in piazza della Borsa, avrebbe dovuto ospitare i gruppi partecipanti al Carnevale europeo la scorsa settimana. La tensostruttura da 30 metri per 15, come noto, era stata smontata nella mattinata di giovedì 13 febbraio dallo staff dell’Eurocarnevale dopo l’arrivo in Comune di una diffida a ordinare agli organizzatori della manifestazione di togliere via quella struttura. Una diffida inviata dalla Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici, al cui timone c’è l’architetto Maria Giulia Picchione. Palazzo Economo aveva informato della questione anche la Procura di Trieste, con apposita comunicazione. E proprio dagli uffici di Foro Ulpiano, il pm Federico Frezza ora vuole capire se quella della diffida sia stata o meno un’azione legittima da parte della Soprintendenza: non a caso, nei giorni scorsi, il documento è stato acquisito dalla polizia giudiziaria. Va chiarito che al momento si tratta solamente di un accertamento, non vi è alcuna ipotesi di reato, né evidentemente alcun indagato. Una vicenda che nulla ha a che fare con le questioni giudiziarie in cui è coinvolta la soprintendente.

Intanto, riguardo invece all’inchiesta che vede Picchione indagata dal pm Frezza per l’ipotesi di reato di truffa, emerge come la polizia giudiziaria abbia prelevato dagli uffici di piazza Libertà la documentazione relativa ai rimborsi ricevuti dalla soprintendente per missioni di lavoro nel secondo semestre del 2013. Il pubblico ministero ha chiesto la proroga di sei mesi delle indagini preliminari: gli accertamenti proseguono. L’accusa del pm a carico di Picchione, difesa dall’avvocato Giovanni Borgna, è di aver fatto risultare in varie occasioni fra il luglio 2012 e il luglio 2013 come per la sua attività alla sede della Soprintendenza a Udine fosse indispensabile fermarsi a dormire appunto a Udine, provvedendo poi a farsi rimborsare le spese sostenute per vitto e alloggio tramite la presentazione di ricevute di alberghi e ristoranti (il totale contestato ammonta a 4.546 euro), quando invece il suo pernottamento a Udine non era - secondo il pm - affatto necessario. Sia per il fatto che spesso le partenze da Trieste erano avvenute di sera, sia per la distanza esigua fra le due città che consente il rientro al termine delle incombenze. Il sostituto procuratore, inoltre, contesta altre spese sostenute da Picchione e a lei rimborsate, per missioni di lavoro a Roma (da luglio a dicembre 2012, cifra complessiva oggetto dell’inchiesta: 2.100 euro): per voli aerei, biglietti del treno o chilometri percorsi, le cui ricevute erano state allegate ad atti inerenti la necessità della sua presenza o la richiesta della stessa nella capitale. Secondo l’accusa, però, non ci sono documenti che proverebbero come la soprintendente dovesse assolutamente presenziare a Roma in quei frangenti.

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