Trieste, marinaio egiziano sparito dopo lo sbarco

Amag Alì Ahmed ha abbandonato senza bagaglio né documenti il cargo Basel 3 in Porto Vecchio. L’ombra del terrorismo
Di Corrado Barbacini

Ha abbandonato i suoi effetti personali nell’armadietto vicino alla cuccetta, all’interno della Basel 3, un cargo battente bandiera della Repubblica di Palau, ormeggiato fino a ieri mattina allo Scalo Legnami. Di Amag Alì Ahmed, 25 anni, marittimo egiziano, si sono perse le tracce. Da due giorni è letteralmente svanito nel nulla. Volatilizzato. Senza passaporto e senza soldi. È sceso dalla nave che in precedenza era ormeggiata all’Adriaterminal e se n’è andato. Un mistero. Che lascia supporre qualsiasi situazione, qualsiasi scenario. Non ultima l’ipotesi di un inquietante collegamento al terrorismo. Per questo motivo da ieri, in maniera discreta e riservata, stanno indagando gli investigatori della Digos.

Di Amag Alì Ahmed si conosce molto poco. Il suo nome non compare, da quanto appreso, in nessuna “black list”. Ma ci vuole certamente poco a supporre che il giovane egiziano possa, attraverso il Porto di Trieste, essere entrato illegalmente in Italia. Una fuga? Oppure un viaggio verso qualche cellula secondo un piano già deciso in precedenza? Certo è che l’uomo non è un clandestino qualsiasi. In fin dei conti non avrebbe avuto alcun motivo per andarsene senza documenti e senza effetti personali.

A scoprire la sua assenza dalla nave, il cui equipaggio è composto da sette persone tutte di nazionalità egiziana, è stato il comandante. Si è accorto che il marittimo mancava all’appello poche ore prima della partenza della nave diretta prima a Fiume e poi ad Alessandria d’Egitto. L’ufficiale ha avvisato la Polizia marittima e anche la Capitaneria di porto. L’altra sera, prima di lasciare gli ormeggi, la nave è rimasta quanche ora in attesa, ma senza alcun risultato.

Le indagini non sono facili. Fino a ieri nessun risultato. Solo ipotesi, appunto. Si sa solo che Amag Alì Ahmed è sceso a terra dalla Basel 3 quando la nave era ormeggiata all’Adriaterminal. Poi la nave si è spostata, per ragioni tecniche, per qualche ora, allo Scalo Legnami. Nessuno, da quanto si è appreso, è riuscito a capire con certezza dove sia andato. Era da solo, un fatto inconsueto per i marittimi che sovente girano in compagnia nella zona del Porto. È verosimile ipotizzare che il giovane egiziano abbia superato l’ingresso del Porto Vecchio e sia entrato in città. Forse potrebbe essere andato verso la vicina stazione ferroviaria. La nave Basel 3 - che è lunga 95 metri - è giunta qualche giorno fa con un carico di lamellato. Proveniva da un porto greco. E l’altra sera appunto ha lasciato gli ormeggi. Un mistero. Che indirettamente ricorda quello rimasto insoluto della Tvillinger, il cargo bloccato in Porto nel febbraio del 2002 che trasportava un plotone di 15 militanti integralisti pachistani: una “task force” del terrorismo islamico. Avevano il presumibile obiettivo di infiltrarsi in Europa per preparare attentati e fare proselitismo. Era stata inspiegabilmente lasciata andare con il suo equipaggio. Le indagini, le intercettazioni e le informative dei servizi di sicurezza della Marina militare americana avevano dimostrato che alcuni gruppi fondamentalisti islamici avevano scelto proprio la via del mare per trasportare in Europa i soldati di Al Qaeda spacciandoli come semplici clandestini o marittimi. Piccoli plotoni insospettabili e soprattutto puliti dal punto di vista penale. Tra gli “ospiti” della Tvillinger c’era anche un pachistano di trent’anni, laureato alla Business school di Lahore, capoluogo del Punjab. Anche lui era stato imbarcato ed espulso, perché al momento a suo carico non era emerso nulla di penalmente rilevante e anche perché all’epoca i servizi di sicurezza non avevano ancora diffuso l’allarme. Su quello strano personaggio i poliziotti della Digos di Trieste avevano lavorato a lungo. Con sé aveva una sommaria piantina di Città del Vaticano: uno schizzo tratto da una pagina di un calendario dal quale però erano emersi alcuni particolari inquietanti. Primo tra tutti il fatto che la dicitura “Vatican city” fosse stata segnata da un circoletto. Vi erano poi annotati sia l’itinerario della Tvillinger che altri percorsi tra varie città.

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