Trieste, lo sciopero dei pasti nelle celle del Coroneo
Sciopero dei pasti al carcere del Coroneo. Da ieri, e per quattro, cinque giorni, circa l’80 per cento dei detenuti - attualmente 202 a fronte di una capienza massima di 155 - rifiuta il vitto e contemporaneamente, all’ora dei pasti verso le 12 e verso le 17, fa sentire la propria protesta battendo sulle sbarre delle celle con oggetti metallici.
Di natura diversa le motivazioni dell’agitazione. Secondo quanto riferisce la direttrice del carcere Silvia Della Branca (che è anche responsabile del penitenziario di Tolmezzo), metà degli aderenti alla protesta, circa 80, non ha spiegato le ragioni per cui sciopera, un quarto protesta contro “il sistema”, mentre i restanti 40 aderiscono all’iniziativa indetta a livello nazionale dalla parlamentare radicale Rita Bernardini per sollecitare il governo ad approvare i decreti attuativi sulla riforma dell’ordinamento penitenziario.
In relazione a quest’ultimo aspetto della protesta, Bernardini ha dichiarato che «il sovraffollamento è in rapida ripresa, con punte che in alcune strutture toccano il 200 per cento. Nelle carceri italiane - ha aggiunto - il 35% dei detenuti è in attesa di giudizio. E molti di loro saranno riconosciuti innocenti o comunque scarcerati in sede giudiziale».
Anche il Coroneo soffre i problemi del sovraffollamento, con un 30 per cento oltre la capienza prevista. Problemi che quotidianamente deve affrontare la polizia penitenziaria, i cui numeri sono inferiori a quanto stabilito nella pianta organica: attualmente, al Coroneo, operano 129 agenti rispetto ai 147 che dovrebbero essere in servizio. Ogni tanto le richieste di trasferimenti, avanzate dalla direzione attraverso il Provveditorato triveneto, vengono accolte, ma non si tratta di cifre sufficienti a risolvere il problema. «Trattandosi di una struttura circondariale - spiega la direttrice - riceviamo continuamente nuovi detenuti». E il quadro degli “arrivi” è aggravato dal fatto che il Coroneo dispone dell’unica sezione femminile presente nell’intero Friuli Venezia Giulia.
Tornando alle ragioni della protesta, il fatto verificatosi nella giornata di Ferragosto (di cui riferiamo a parte) non viene messo da Della Branca in relazione con l’agitazione dei detenuti, ma la direttrice stessa assicura che «ci adopereremo perché quel detenuto venga trasferito». In questo caso non si tratta di sovraffollamento - l’uomo è detenuto nella sezione a “regime chiuso”, dove ci sono solo celle singole - ma è un dato di fatto che le continue urla del recluso, sia di giorno sia soprattutto di notte, creano non poco disturbo a tutti gli altri carcerati, e pure agli abitanti dei condomìni adiacenti il penitenziario, che in passato si sono già lamentati per altri casi simili.
La tensione continua dunque a caratterizzare le carceri, come rileva anche il segretario generale del Sappe (Sindacato autonomo polizia penitenziaria), Donato Capece. «Le carceri - afferma - sono più sicure assumendo gli agenti di polizia penitenziaria che mancano, e finanziando gli interventi per potenziare i livelli di sicurezza. Altro che la vigilanza dinamica - aggiunge - che vorrebbe meno ore i detenuti in cella, senza però fare alcunchè. Non ci si ostini a vedere le carceri con l’occhio deformato dalle preconcette impostazioni ideologiche, che vogliono rappresentare una situazione di normalità che non c’è».
Se da un lato è iniziata l’agitazione dei detenuti, dall’altro a protestare per le condizioni di lavoro «sempre meno sopportabili» sono anche gli agenti delle polizia penitenziaria. «Da Perugia a Verona, da Prato a Piacenza, da Rieti a Cassino, da Frosinone a Gorgona - ricorda Capece - sono in atto mobilitazioni della polizia penitenziaria. Numerose aggressioni violente nei confronti del personale generano allarme fra gli stessi agenti, nell’apparente disinteresse - conclude - dell’amministrazione penitenziaria e del mondo politico».
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