Trieste, la beffa per il Caffè Pirona: è in arrivo la tutela “postuma”
TRIESTE Il Caffè Pasticceria Pirona, fondato nel Novecento, uno dei quattro locali di Trieste presente nella guida dei Locali storici d’Italia (gli altri sono il Caffè San Marco, il Caffè Tommaseo e l’Antica Trattoria Suban), risulta svincolato. A differenza, per esempio, del Caffè Torinese, del San Marco e del Tommaseo.
La Soprintendenza archeologia, belle arti, e paesaggio del Friuli Venezia non ha ritenuto opportuno procedere a vincolo pertinenziale per legare il destino degli arredi storici al locale di Alberto Pirona amato da James Joyce. Incredibile, ma vero.
La Soprintendenza ha scelto di non porre vincoli alla Pasticceria per evitare contenziosi tra i proprietari. Il risultato? A fine aprile mobili e arredi sono stati acquistati (per una cifra compresa tra i 30 e i 40 mila euro) dalla Fondazione CRTrieste e dati in carico al Comune di Trieste (con la mediazione dell’assessore regionale alle Finanze Francesco Peroni) per musealizzarli. In pratica il locale storico di Largo Barriera Vecchia non esiste già più. Sparito. Cancellato dagli itinerari turistici e letterari di Trieste.
Lo “scempio” della Pasticceria Pirona è avvenuto sotto gli occhi vigili della Soprintendenza. «La Soprintendenza era a conoscenza dell'intenzione dei proprietari di vendere gli arredi interni della storica Pasticceria Pirona.
Era altresì a conoscenza che la Fondazione CRTrieste si era attivata per acquistarli, il che dava sicure garanzie in merito al rispetto delle norme di tutela e di conservazione di questi importanti beni storici, scongiurando anche il pericolo che finissero dispersi o lontano da Trieste», spiega in una nota il soprintendente Corrado Azzolini.
Che non ha difficoltà ad ammettere: «La Soprintendenza, che ha seguito con attenzione la vicenda, ha ritenuto di non procedere ad un vincolo pertinenziale della Pasticceria che, di fatto, avrebbe legato il destino degli arredi a quello dell'immobile, situazione che avrebbe potuto generare fra le diverse proprietà contenziosi lunghi e difficilmente risolvibili, come dimostrano precedenti casi ben noti alle cronache cittadine».
La Soprintendenza, insomma, tutela anche la proprietà privata. Tuttavia il vincolo che non è stato messo arriverà ora. «È intenzione della Soprintendenza di procedere in tempi brevi ad avviare la procedura di dichiarazione dell’interesse culturale dell'insieme degli arredi che la Fondazione CRTrieste ha acquistato con il lodevole intento di musealizzare e rendere fruibile al pubblico la ricostruzione, a Trieste, di un pezzo di storia cittadina che non può andare perduto», spiega in modo puntiglioso Azzolini.
L’insieme degli arredi della Pirona verranno dichiarati di interesse culturale dopo essere stati tolti dal luogo originario. Un vincolo postumo. «Demenziale», dichiara il direttore del Dipartimento di Letteratura inglese Renzo Crivelli, che ha sollevato il caso. I retroscena dicono che una funzionaria storica dell’arte che avrebbe dovuto seguire la pratica per il vincolo, l’abbia lasciato in sospeso dopo un sopralluogo ritenendo il locale di scarso valore. Così l’incartamento è rimasto in un cassetto e la funzionaria se n’è andata in pensione. «Non abbiamo fatto in tempo a tutelarla. Può succedere purtroppo», è l’ammissione di Azzolini prima dell’invio della nota in merito.
A fine maggio, sulla pagina Facebook del Caffè Pasticceria Pirona, si discuteva sul futuro. «Tristezza. Il famoso Caffè storico, dove Joyce gustava i dolcetti, sta cambiando aspetto e proprietà». «Speriamo di non vedere i mobili in qualche asta».
Un avviso della proprietà, affisso alla vetrina, pareva rassicurare tutti: «Grazie ancora e sappiate che un’altra famiglia triestina sta preparando una bella sorpresa per la pasticceria Pirona». Un bella sorpresa, davvero. A questo punto non resta che salvare il salvabile. E quindi trovare un luogo dove ricostruire il Caffè Pirona con gli arredi acquistati dalla Fondazione CRTrieste.
Al momento si sa solo che dovrebbero trovare ricovero provvisorio al Magazzino 26 in Porto Vecchio. L’ipotesi del museo Joyce, cullata dal Comune, non sembra la più felice visto che il restauro di Palazzo Biserini non ha date certe.
Piero Camber, capogruppo di Forza Italia, lancia l’idea di lasciarli in Porto vecchio, magari proprio al Magazzino 26, all’interno di un museo commerciale della città assieme alla collezione del Lloyd Triestino e al museo della Camera di commercio che sta in via San Nicolò in uno stabile in vendita.
Resta l’amaro in bocca per una perdita irreparabile. «Un patrimonio del genere non si conserva con gli arredi - aggiunge l’assessore regionale alla Cultura Gianni Torrenti -. Spero che, se ricostruito, diventi almeno il bar di un museo».
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