Trieste, il rettore: ridotti allo stremo facciamo ciò che possiamo

Fermeglia: Roma dica chiaramente se devono essere le famiglie a finanziarci E gli studenti contestano il ministro: «Aria fritta, è qui per visibilità mediatica»
Di Gabriella Ziani
Silvano Trieste 03/02/2014 Universita' di Trieste, inaugurazione Anno Accademico
Silvano Trieste 03/02/2014 Universita' di Trieste, inaugurazione Anno Accademico

Non è una festa felice quando i convitati non aspettano che di cantarsele in faccia. O di tamponare con energiche promesse di progetti tutti di là da venire una situazione che sta smottando com’è quella dell’università. Che l’inaugurazione dell’anno accademico non facesse tanto sorridere lo si è capito subito ieri nel primo pomeriggio quando nell’aula magna di piazzale Europa, con un cerimoniale semplificato, hanno fatto ingresso in coppia (annunciati) il rettore Maurizio Fermeglia e il ministro dell’Università e della ricerca Maria Chiara Carrozza, accolti da un gelido silenzio, rotto da un applausino solo quando il rettore, voltandosi quasi ostentatamente verso la platea, ha ritenuto di dire: «Buon pomeriggio...».

Subito dopo ha parlato di «università ridotte allo stremo», per calo finanziario e di personale («Se si pensa che debbano essere gli studenti e le loro famiglie a finanziarle, lo si dica chiaramente»), di burocrazia, norme e circolari «astruse e talora paradossali», di «palpabile atmosfera di decadenza», di autonomia minata, impossibilità di competere con l’alta formazione europea, di una «ventilata diminuzione delle sedi universitarie e del numero di docenti».

Al pianto («facciamo ciò che possiamo, non ciò che vogliamo», «mentre a Roma si discute Sagunto muore») Fermeglia ha fatto seguire il racconto orgoglioso dei meriti e dei progetti, ma nel frattempo la presidente del Consiglio degli studenti Letizia Capitanio si stava già preparando a versare in aula magna un perfino teatrale e superbo fiume di sprezzo per tutti, dal ministro al rettore, con espressioni come: «Se siete in questo ruolo, è solo perché esistono gli studenti, ma l’università che avete in mente voi non è la nostra, che ci sentiamo esclusi: a casa nostra, trattati come ospiti. Ma non siamo clienti, non siamo accessori». E fuori il neonato “Coordinamento degli studenti”, che già aspettava il ministro al suo arrivo con uno striscione pronto da portare in aula, si metteva in attesa della Carrozza all’uscita, contestandola senza riguardi in atrio: «Lei è qui per uno show, per l’aria fritta di una cerimonia vuota, per visibilità mediatica». Anche Fermeglia era in atrio, ancora con l’ermellino addosso. Contestato per aver negato accesso in aula magna allo striscione. «Parliamone, anche via skype» rispondeva il ministro. «Parliamone, anche subito» diceva Fermeglia.

Ma nella loro diversa rudezza (il fronte si era rotto tra chi degli studenti voleva cantarle “dentro”, e chi stando fuori) hanno detto tutti la stessa cosa, i docenti e i discenti. Anche Stefano Paleari, il presidente della Conferenza dei rettori, parlando di sistema universitario ha messo in guardia perfino dalla dissoluzione dell’Europa, dalla rottura del patto sociale «per insostenibili tassi di disoccupazione», da strade tracciate «verso una società duale, fatta di oligarchie del potere», dove il luogo della formazione e della cultura è diventato «un comparto puramente esecutivo della pubblica amministrazione», con ridimensionamenti di tutto: «Meno 15% di personale, 10 mila ricercatori costretti a bussare all’estero». E la rappresentante del personale tecnico-amministrativo Alessandra Ferluga ci ha messo del suo: «Tagli ai finanziamenti lineari e asettici, imprevedibili e irrazionali, quasi umorali, strumenti amministrativi concepiti da governatori che perdono di vista l’obiettivo per cui sono stati creati, perdita di professionalità, di dignità, precariato diffuso...». E così è stato solennemente dichiarato aperto il 90.o anno dell’Università di Trieste, anche il coro col “Gaudeamus igitur” era di tono poco gaudente.

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