Trieste, fondi regionali azzerati: chiude l’Istituto Gramsci
TRIESTE. L'Istituto Gramsci del Friuli Venezia Giulia sta per chiudere i battenti per sempre. L'annuncio era nell'aria, ma la conferma arriva in via definitiva tramite un comunicato che spiega come, nell'assemblea annuale del 16 settembre, i vertici dell'ente abbiano preso atto di una situazione finanziaria «non più sostenibile».
E così, in quella che sarà ricordata probabilmente come l'ultima assemblea dei soci della storia del sodalizio, si è deciso di staccare la spina e la presidente Marina Paladini Musitelli ha rassegnato le sue dimissioni, seguita dell'intero consiglio direttivo.
Il bilancio del Gramsci non è dunque più in grado di tenere in vita l'istituzione fondata a Trieste nel 1983 dal professor Giuseppe Petronio, all'epoca preside della facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Trieste, rimasto alla guida dell'associazione fino al 2003.
L'ente regionale si inserì nella rete promossa dalla Fondazione Gramsci, creata a Roma nel 1950 per raccogliere la documentazione relativa all'opera e al pensiero dell'intellettuale fondatore del Partito comunista d'Italia, dare impulso alle ricerche sulla storia del movimento operaio e conservare il patrimonio documentario del Pci e dei suoi leader.
Una missione diversa da quella interpretata sul piano locale, dove il Gramsci si è prefisso di essere in primis organizzatore culturale, promotore di convegni e ricerche, animatore del dibattito politico in senso lato e non soltanto sul piano della tradizione marxista: impostazione voluta anzitutto da Petronio, convinto assertore della necessità di superare gli angusti steccati di partito e aprire l'associazione ai più svariati temi dell'attualità politica e sociale.
In tempi di magra per le istituzioni culturali italiane, il Gramsci Fvg ha dovuto fare i conti con il taglio graduale delle risorse, che tre anni fa si sono infine azzerate del tutto per il «venir meno» - sottolinea l’Istituto - dei contributi regionali che fino ad allora erano stati la base su cui poggiava l'attività.
Si trattava del cosiddetto finanziamento "a tabella": le associazioni che vi erano inserite avevano certezza di un'erogazione annuale fissa. Ma la giunta Serracchiani ha scelto di cambiare impostazione, nel tentativo di movimentare un'attività che in troppi casi si era ridotta a mera sussistenza, con pochissime ricadute sul piano pubblico.
Di qui la decisione di prevedere finanziamenti a bando, stabiliti cioè sulla base di specifici progetti: decisione che ha messo in difficoltà molti istituti culturali, retti su un volontariato incapace di sostenere il peso della stesura di progetti articolati.
L'effetto è stato immediato: difficoltà sempre più opprimente a sostenere le spese fisse di affitto e personale, sebbene questo si limitasse per quasi tutti gli enti a una figura di segreteria part time. Certo non potevano essere sufficienti le entrate garantite dalle quote associative: esigue e provenienti da una base di aderenti quasi sempre molto limitata numericamente.
Le difficoltà economiche, sommate all'assenza di necessario ricambio generazionale, hanno visto il Gramsci cessare da alcuni anni nella promozione di incontri pubblici, convegni e presentazioni, che fino a un passato recente ne facevano una realtà importante del panorama culturale regionale. Le risorse erano insufficienti anche per il semplice aggiornamento del sito, fermo al 2014 e in alcune sezioni al 2011.
Sebbene l'istituto fosse in ombra da qualche tempo, la chiusura di un ente culturale con una storia decennale è sempre una brutta notizia e numerose associazioni e personalità della cultura regionale hanno già espresso la propria solidarietà e si ritroveranno domattina - venerdì - alle 11.30 al Caffè San Marco per un momento di riflessione sulla condizione delle realtà culturali del Fvg.
In oltre trent'anni il Gramsci si è occupato di problemi specifici del territorio e di questioni più generali, spaziando dai temi della cultura a quelli dell'economia e della politica. Numerosi gli ospiti di primo piano invitati nel corso del tempo: Giorgio Strehler, Alberto Asor Rosa, Abdus Salam, Vittorio Prodi, Carlo Tullio Altan, Giorgio Conetti, Roberto Zaccaria, Gianfranco Pasquino, Giuliano Toraldo di Francia, Predrag Matvejevic, Gillo Dorfles, per citarne alcuni.
Parecchie anche le pubblicazioni degli atti dei convegni promossi, che hanno toccato nodi come quelli dell'identità sociale ed economica della regione, dei problemi delle minoranze etno-linguistiche, dell'informazione, dell'organizzazione culturale, dell'ambiente e dei beni culturali, secondo un'ottica interdisciplinare, che si è riverberata anche in corsi d'aggiornamento per insegnanti, presentazioni di libri e tavole rotonde.
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