Trieste, Don Moro: «Ho messo 60mila euro di tasca mia»

TRIESTE «Comunisti! Siete comunisti!». Padre Luigi Moro, dell’istituto missionario dei Servi del Cuore Immacolato di Maria, è un tipo sanguigno. Chiedergli di spiegare i perché e i per come di quel mezzo milione di euro che aleggia su Monte Grisa, non è cosa facile.
Tanto più se si menziona la lista di gente fuori dalla Caritas che domanda aiuto per fare la spesa e pagare le bollette. Si arrabbia proprio, urlando in chiesa. «A chi mi parla di poveri io rispondo che sono tutte ideologie!», sbotta. «Tutti comunisti!».
Poi si calma, riprende fiato e completa il ragionamento. «Allora...», premette il padre, originario di Portogruaro, iniziando una lunga passeggiata tra i candelabri dorati, il pavimento lucidato e i bronzi splendenti. «Sai - riflette - qualcosa l’ho messo di mio. 10 mila per un confessionale alla memoria di mia mamma defunta e altri 50 dall’eredità della mia famiglia».
E il resto che manca? «Eh, speriamo nelle elargizioni dei fedeli. I soldi non li ho ancora trovati, ma mi affido alle offerte. I triestini dovrebbero mettersi una mano sul cuore... E se qualcuno ha da protestare non posso che ricordare che qua la roba in ferro era piena di ruggine. L’acqua spandeva dal soffitto a causa del tetto rovinato e tutto si è ossidato, compresi i banchi e l’organo. Era un vero dramma, un disastro - osserva - per questo motivo ho fatto dorare i preziosi candelabri e il resto. L’ossidazione era a un livello tale che non permetteva nemmeno di leggere cosa c’era scritto e cosa c’era raffigurato sui bronzi. Un dramma grosso».
Il sacerdote riferisce che l’ordine di sistemare tutto gli è arrivato direttamente dall’arcivescovo Giampaolo Crepaldi: «Me l’ha domandato lui - dice padre Moro - e quindi la diocesi mi dovrebbe ringraziare per quanto ho realizzato». Qualche domanda su come mantenere le spese per il riscaldamento, ora che è stato realizzato l’impianto, il prete se l’è fatta. «Già, dovremo pagare le bollette... quanto peseranno i consumi? Non ho idea, scalderò soltanto durante le messe... Non si può più continuare a “batter brocche”».
Ma era proprio necessario un altro altare nella chiesa sotto? «Sì! - s’infervora il consacrato - è per la devozione a Gesù misericordioso. È fondamentale in una chiesa cattolica che sostiene la devozione. La città deve capire, anche se i triestini non amano questo posto. Ma non capiscono niente. Lo sanno, i triestini, che qua dentro abbiamo il memoriale dell’Esodo? Se qualcuno mi contesta l’oro - riprende il prete - io rispondo che allora uso il platino».
«Per il Padre eterno si fanno le cose per bene o niente. Chi mi contesta è un comunista, sono soltanto pregiudizi che non accetto. Chi mi viene a parlare di poveri vada in missione, come ho fatto io. Basta con questa ideologia di sinistra! A Dio non si dà il cesso!».
Padre Luigi Moro alza spesso la voce, anche dentro la chiesa. Perché ci crede, e profondamente, nella necessità di recuperare fino in fondo il valore del santuario. Anche in tempi di vacche magre, di disoccupati e precari. «Un tempio non si manda in malora, io - insiste - sono indignato per come è stato conservato finora. Sono indignato di questa città che non se ne cura. Pensate ai turisti... Questa struttura è l’epopea del cemento armato, è un pezzo di italianità dell’epoca. Io sono solo di passaggio e sto facendo tutto questo per Trieste. Monte Grisa è la tenda di Maria».
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