«Trieste deve coltivare il turismo culturale»
«Da Trieste ho avuto molto più di quanto le sono riuscito a dare, per cui la ringrazio nel suo insieme». Franco Miracco, l’assessore-nonno decantato tale nei lazzi del centrodestra, ha scelto con Roberto Cosolini Salotto Vienna per congedarsi ieri sera (con voce sensibilmente affannata, un po’ per l’emozione e forse un po’ per le ragioni personali addotte in sede di dimissioni) dalla città in cui è stato assessore alla Cultura per quasi un anno e mezzo, e prima ancora consulente o meglio assessore-ombra per qualche mese. Salotto Vienna, però, vuol dire Salone degli incanti, ex Pescheria, il contenitore sul cui contenuto che verrà (il sindaco come è noto non molla l’opzione della scienza dopo l’Expo sul caffè del 2015) gli stessi Miracco e Cosolini avevano baruffato o, se vogliamo credere ai due interessati, s’erano stracapiti.
Ma ieri non era più tempo né l’occasione di musi tirati. Dominavano i sorrisi. E proprio Cosolini, lì dentro, ha introdotto il commiato di Miracco davanti a una platea fatta da un paio di centinaia di persone, in gran parte un concentrato dell’intellighenzia cittadina di (centro)sinistra, dei protagonisti più o meno celebrati della vita culturale triestina “d’area”. Seminascoste, facce dal passato illustre come l’ex rettore Domenico Romeo, dal presente importante come Claudio Orazi, il sovrintendente del Verdi nel cui Cda siede tuttora Miracco, dal futuro incerto come Gianni Torrenti, l’assessore alla Cultura dell’amministrazione Serracchiani sospeso dopo l’apertura di un fascicolo a suo carico in Procura, e figure entrate a loro modo nel mito della città, come il pinguino Marco, la star del vicino acquario, oggi imbalsamato, che faceva mostra di sé accanto al palco. C’erano poi tanti assessori e tanti consiglieri comunali, specie di casa Pd. Tra loro pure Giovanni Barbo, al fianco di papà Tarcisio, uno di quei giovani che le voci di palazzo mettono nel ventaglio delle opzioni riguardanti appunto la successione a “nonno” Miracco. «Non so se qualcuno è venuto qui sperando che annunciassi il nome del prossimo assessore alla Cultura, ma sono in grado di deluderlo», ha premesso il sindaco. Questione di stile. E di sensibilità: «Oggi siamo qui per festeggiare e ringraziare Franco (Miracco, ndr), che ha dato a Trieste un importante contributo di competenza e passione, mettendoci vicino un qualcosa di veramente prezioso, di cui avevamo bisogno, cioè uno sguardo dal di fuori sui limiti e sulle potenzialità di noi triestini. Franco ci ha aiutati a ricostruire l’idea di una città capace di inserirsi, con i contatti con Lubiana, Graz e Vienna stessa, in un tessuto europeo, diventando addirittura un punto di riferimento tra capitali benché Trieste capitale non sia». «Di chi verrà dopo parleremo nei giorni a venire», ha aggiunto Cosolini prima di lasciare la parola all’assessore ormai ex.
«Con questa avventura - ha detto Miracco, accennando evidentemente pure al suo passato vicino all’ex governatore veneto Galan - si chiude una lunga parentesi costituita da diverse esperienze che a qualcuno possono essere sembrate incompatibili, ma non per me, per i valori in cui credo. Io mi son sempre e solo occupato di cultura, restando fedele alle idee politiche in cui credo». E giù con riferimenti più triestini, invece. Su via Cumano: «Pensavo fosse un errore, la realtà ha dato ragione a quest’utopia, al credere che lì si possa costruire un vero e proprio polo museale che può dare obiettivi nuovi a una parte della città anche dal punto di vista urbanistico e sociale». Su piazza Hortis: «Trieste merita di riavere la sua Biblioteca civica, una casa della letteratura se volete». Sul Carciotti: «Può diventare il nucleo di tutto ciò che di culturale e storico possiede la città, che è tantissimo». Sul turismo dell’arte: «Trieste ha le condizioni per sviluppare, coltivare un turismo compatibile che capisce la cifra culturale della città». Sul rapporto con la storia di Venezia: «Istria e Dalmazia per i veneziani rappresentano il sogno, il dolore, la nostalgia, l’avventura, il legame con la Serenissima, di cui Trieste è porta anche se è anche molto altro e l’ho capito stando qui». Da una valigetta in plastica per cui non daresti un euro ecco spuntare una traduzione a tiratura limitata dei quattro vangeli edita nel ’47 da Neri Pozza, con quattro litografie di Casorati: «Me l’ha regalata un’amico fa quando ha saputo che venivo a a Trieste. Lo dono alla Biblioteca del Revoltella, a riconoscimento del lavoro di Maria Masau Dan. Casorati porta a Klimt, Klimt a Vienna e Vienna a Trieste» E il cerchio dell’assessorato si chiude.
@PierRaub
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