Traballando verso Dio, di Luciano Comida

Forse Luciano Comida ha ragione, forse il paradiso è come un concerto di Neil Young. Risale alla primavera scorsa la pubblicazione postuma di Traballando verso Dio (Battello stampatore, 15 euro), il diario in cui lo scrittore e giornalista triestino scomparso nel 2011 registra il suo incontro con la fede cristiana. Il libro è una mappa attraverso la quale l’autore conduce se stesso e il lettore alla scoperta di un territorio a lui sconosciuto. Comida vi si addentra con la sua consueta leggerezza di stile e con tutti i dubbi che un laico liberale e illuminista, amante della buona musica e della buona letteratura, può avere nel confrontarsi con un Dio che parlò per l’ultima volta duemila anni fa sotto il sole della Terra Santa.
Scrive nella prefazione Tatjana Ciuk, moglie di Comida e curatrice del volume, che il primo incontro dell’autore con la fede avvenne durante un’escursione montana: «Ricordo come fosse oggi il momento in cui Luciano ha sentito il bisogno irrefrenabile di credere – vi si legge -. Eravamo davanti ad una chiesa nelle montagne vicine al lago Maggiore. Da turisti. Una chiesa bellissima, tutta bianca. (…) Era una giornata piena di sole e io, come sempre, scattavo fotografie a tutto. Lui mi raggiunge e mi fa: “Ma tu davvero credi che tutta questa meraviglia sia frutto del caso? O è forse opera di qualcuno che ha voluto rendere concreto e visibile il suo amore?”».
Dal presentimento di una volontà benevola dietro al caso apparente, l’autore si muove verso Dio. E lo fa consultando libri, consumando poco a poco le Scritture, cercando suggerimenti da consiglieri spirituali prima cattolici poi valdesi. Mettendo sempre in questione il modo in cui l’ospite inatteso della fede entra in relazione con gli altri suoi valori irrinunciabili: riflette di libertà, sesso, amore, politica. Non è l’unico a porsi il problema: «Parlo a lungo con Tomizza di religione – si legge in un passaggio del diario -. Gli racconto di me (dall’amore per Tatjana, via via fino ad ora). (…) Se io mi converto (dice) sarebbe contento per me, ma (aggiunge) temerebbe di “non trovar più il Luciano Comida libero e scanzonato, autonomo di giudizio”».
Basta proseguire nella lettura di questi appunti per capire che fortunatamente il timore di Tomizza era infondato. È decisamente libero e scanzonato l’autore che si confronta con i grandi temi del cristianesimo. Comida si avvicina alla Parola cercando il confronto: Lewis e il cardinal Ravasi gli offrono un solido aiuto dall’inizio. Teologi antichi e moderni più audaci, da Agostino a Sergio Quinzio, vengono sfiorati ma messi in attesa per il futuro. Quando il marinaio avrà più confidenza con la barca. Eppure l’esordiente della fede tocca istintivamente i punti vitali. Confrontando il Dio nazionalista e vendicativo dell’Antico testamento con quello del Vangelo, si chiede «come si può» esaltare e glorificare stragi e stermini e al contempo seguire l’insegnamento di Gesù: «Ditemi allora che Dio da allora è cambiato, che confrontarsi con gli esseri umani lo ha modificato, che Gesù è frutto di un’evoluzione divina», scrive Comida in consonanza con il Quinzio del Commento alla Bibbia che non ha potuto leggere.
L’autore si avvicina un passo alla volta alla figura del Cristo. Scrive in principio: «Detto fuori dai denti: Gesù non mi pare simpatico. Anzi, per essere sincero, mi riesce antipatico». Un giudizio che muta col tempo, portando il lettore a contatto con le asperità e il mistero di un Figlio dell’Uomo molto diverso da quello dei santini edificanti. Un tumore osseo ha impedito a Luciano Comida di rimetter mano a questi appunti straordinari. Ma, in tempi di montanti e sanguinarie ortodossie, Traballando verso Dio costituisce la bella eredità di un intellettuale triestino.
Pubblicato da Il Piccolo il 26 agosto 2016
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