Tentativo di portare a Trieste nave “Vittorio Veneto”

Vorrebbero farne la prima nave museo della Marina Militare Italiana e trasferirla da Taranto a Trieste. Ma su questo progetto o meglio desiderio che coinvolge l’incrociatore lanciamissili “Vittorio Veneto” e l’associazione che porta il nome di questa nave si infrangono da tempo due veti quasi assoluti, specie in questo momento economico. Ristrutturare la nave per consentire al pubblico di visitarla costa tantissimo, dai 15 ai 20 milioni di euro. C’è poi il problema dell’amianto sparso a piene mani nella sala macchine e tra i tubi delle quattro caldaie che alimentavano le turbine a vapore, consentendo all’incrociatore, grazie ai 73 mila cavalli di potenza, di raggiungere i 32 nodi e forse più. La bonifica sarebbe costosissima e rischiosa perché le dimensioni della nave sono notevoli: 7500 tonnellate di dislocamento, 179,6 metri di lunghezza. Ma non basta. Un ufficiale di Marina interpellato ieri ha affermato che la nave che fu l’ammiraglia della nostra flotta, è ridotta ad un ammasso di ruggine abbandonato a se stesso dal giorno del disarmo avvenuto nel lontano 29 luglio del 2006. Un paio d’anni fa, nell’ambito delle celebrazioni per il 150 anni di unità del nostro Paese, la notizia di una trasformazione del vetusto incrociatore in museo aveva avuto un certo rilievo ed era stato indicato il porto di Napoli come destinazione finale. Non se ne era fatto nulla anche perché il progetto di salvataggio avrebbe dovuto essere finanziato dalla Fincantieri. Che allora, come oggi è impegnata a tentare lo sbarco in Borsa. Lo Stato attualmente è alle prese con problemi finanziari che trascurano i musei galleggianti e non. Anche a casa nostra lo Stato non brilla per gli interventi all’interno del castello di Miramare. Ed ancora: il sommergibile Fecia di Cossato è atteso a Trieste da anni e anni ma anche per questa iniziativa appoggiata da molti politici locali ed amministratori, mancano i soldi. Allora perché la notizia del trasferimento da Taranto a Trieste del Vittorio Veneto ha fatto capolino ieri ed è rimbalzata sul web?
Due sono i motivi più appariscenti. A Trieste nel lontano 1969 è stata consegnata la bandiera di combattimento all’incrociatore lanciamissili. A Trieste sulla banchina di allestimento del Cantiere San Marco fu costruita alla fine degli Anni Trenta la corazzata che portava lo stesso nome. Formalmente il suo dislocamento era di 35 mila tonnellate per rispettare le limitazioni del trattato di Washington, ma i dati emersi successivamente parlano di almeno 43 mila tonnellate di acciaio potenzialmente lanciate nelle operazioni guerra a più di 30 nodi, ossia a 55 chilometri all’ora. Il “’Vittorio”, così era indicata nel gergo dei marò, entrò in squadra il 2 agosto 1940 quando l’Italia del duce e di casa Savoia si era già schierata da quasi due mesi al fianco della Germania di Hitler.
Anche l’incrociatore che dovrebbe diventare museo galleggiante, è entrato nella Storia. Nell’aprile del 1997 si era arenato - come una balena scrissero i giornali - sui fondali sabbiosi del porto albanese di Valona. Una scena imbarazzante. Nell’ottobre dell’85 aveva partecipato all’operazione “Margherita” per tentare di bloccare il transatlantico Achille Lauro dirottato da un gruppo di terroristi palestinesi. Un turista ebreo americano Leon Klinghofer, paralizzato sulla sua carrozzina, fu assassinato dai militanti dell’Olp.
Claudio Ernè
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