Teatro nazionale con Udine: fusione sempre più in bilico
Milos Budin non lo dice: «Inutile dare anticipazioni sul mio orientamento, voglio discuterlo e sarà poi il consiglio di amministrazione a decidere». Ma dalle considerazioni che il presidente del Teatro stabile di prosa del Friuli Venezia Giulia fa, appare chiaro che i dubbi sul Teatro nazionale da costruire unendosi al Css e all’Accademia Nico Pepe di Udine restano forti. E anzi, lo sono diventati ancora di più in vista del cda che si riunisce oggi - dopo la lunga e non decisiva seduta di fine ottobre - per prendere una decisione. Lo impone il decreto Franceschini, che appunto indica di scegliere entro gennaio se indirizzarsi verso il Teatro nazionale o verso il Teatro di rilevante interesse culturale (Tric), in questo caso senza aggregazione alcuna. Nella seduta comunque «prenderemo in esame i dati raccolti e le simulazioni elaborate». L’orientamento? «Posso dire - così Budin - che in ambito nazionale l’incertezza continua a regnare. Ho partecipato a un convegno in Veneto, qualche giorno fa, e anche lì ho colto grandi dubbi. E poi uno degli estensori del decreto ha dovuto dire che la differenza fra Teatro nazionale e Tric non determina di per sé differenza di contribuzione». Perché uno dei nodi appunto sta nell’entità dei contributi pubblici che da Roma arriveranno. «E per noi - così Budin - è molto importante che in ogni caso il Rossetti abbia contributi adeguati a ciò che fa. Siamo l’unico Stabile pubblico in Italia che con le entrate proprie supera, e di molto, il 50% del totale».
I pressing come quello lanciato da Udine trovano insomma un Budin cautissimo, così come cautela è ormai la parola d’ordine per il sindaco Roberto Cosolini, che pure fino a poco tempo fa veleggiava verso la fusione con Css e Nico Pepe. E se intanto il consigliere regionale Ncd Alessandro Colautti ha presentato un’interrogazione per chiedere garanzie sulla sostenibilità economica dell’eventuale fusione con le realtà udinesi, citando gli oltre 2 milioni di deficit patrimoniale del Rossetti e gli accresciuti costi del personale, Budin precisa: «È un disavanzo che risale a oltre vent’anni fa, a un periodo in cui queste cose erano prassi diffusa. E si tratta di una cifra al di sotto della media degli altri teatri italiani». Problema in ogni caso da risolvere: «Cda e uffici, stiamo preparando una proposta che faremo all’assemblea dei soci titolari del Rossetti. Potrebbe essere un mutuo da accendersi con la garanzia dei soci, o un’altra soluzione: vedremo». Quanto ai costi del personale, «l’aggravio degli ultimi anni è apparente. La cifra è aumentata a causa della stabilizzazione di alcuni lavoratori precari. Ma i costi di quei lavoratori stagionali non venivano ricompresi nella cifra totale. In realtà dunque si è risparmiato qualcosa. E senza fare alcun nome e cognome, la nostra spesa per il personale vale il 25% del bilancio complessivo. Molto meno che in altre realtà, così come inferiori ad altri teatri sono i costi di produzione».
E a proposito di spettacoli, Budin cita la platea esaurita per “Magazzino 18” (tanto che si è programmata una recita in più), per “Moro” al Miela e per “Artemisia Gentileschi” in sala Bartoli, così come «Herlitzka ha fatto il pieno all’Argentina di Roma come da tempo non si era visto». Insomma, dice Budin, il pubblico c’è. Per il teatro nazionale si vedrà. Di certo il tema resta uno: se sia utile procedere subito al matrimonio con Udine, o se sia meglio restare “single” e iniziare a costruire intanto le basi per imboccare la strada del Teatro nazionale fra qualche anno. Ma «indubbiamente - chiude Budin - vanno rafforzate le collaborazioni fra i teatri triestini e in ambito regionale, così come con i teatri del Centro Europa: ce lo chiede il processo in atto con l’Unione europea».
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