Svolta “bio” e meno sprechi nel maxiappalto delle mense

Nel vivo la gara per il rinnovo del servizio pasti in asili, scuole e centri estivi Due lotti da 43,5 milioni e mezzo. Nuova gestione dal primo settembre
Piatti di pasta serviti per pranzo in un asilo
Piatti di pasta serviti per pranzo in un asilo

Più “bio”, e in generale più qualità, e meno sprechi nei menù serviti a scuola, con un monitoraggio puntuale degli “avanzi”. In pieno clima da Expo universale con Milano e l’Italia a diffondere il verbo del mangiar bene (e tutti, magari) il Comune si attrezza e si appresta a gestire (e proprio nel sacro nome dell’alimentazione naturale e sostenibile) il rinnovo del servizio più costoso e “sensibile”. Sta infatti per scadere, e di conseguenza sta per essere riassegnato, il maxiappalto delle mense scolastiche. Sul piatto (è il caso di dirlo) stavolta ci sono 43 milioni e mezzo di euro per i prossimi cinque anni spalmati in due lotti (uno per gli istituti dotati di cucina e un altro per quelli in cui il pranzo arriva per asporto) a fronte di un impegno per il gestore (solitamente più soggetti consorziati) a preparare e distribuire più di un milione e mezzo di pasti all’anno tra nidi, materne, elementari e medie a tempo pieno e con rientri pomeridiani e centri estivi. La salute e le papille gustative della Trieste che diventa grande, insomma, sono in questo caso nelle “mani” di uno o più fornitori dell’amministrazione cittadina.

Il vecchio servizio si esaurirà il 31 agosto però le procedure burocratiche per il “trapasso” della gestione - che avverrà formalmente dal primo settembre - sono state già fatte partire, ovviamente. I termini per la presentazione delle buste, per la loro apertura e per l’esame decisivo sono in agenda nella seconda metà di giugno. Servono d’altronde determinati tempi tecnici, anche per far fronte a eventuali ricorsi al Tribunale amministrativo di chi perde la gara.

Gara che in realtà, essendo due i lotti, è doppia: è regolata da due capitolati-fotocopia, e si vince con la cosiddetta «offerta economicamente più vantaggiosa». Il che vuol dire che il prezzo, al ribasso s’intende, è una delle componenti importanti al momento dell’esame delle buste, ma non è la più importante. Anzi. Vale un quarto del totale, dato che con l’offerta economica si possono accumulare 25 punti mentre con quella tecnica 75.

L’offerta tecnica, entrando nello specifico, ha di fatto due pilastri. Uno riguarda le «modalità di organizzazione del servizio», con un occhio soprattutto al rapporto tra addetti impiegati nella distribuzione delle portate e “utenti” tra bambini e maestre, rapporto che ha costituito - come precisa a voce Fabio Lorenzut, il direttore dell’area Educazione del Municipio che fa capo all’assessore Antonella Grim - una delle criticità venute a galla in corso d’opera. Ma l’altro pilastro che è previsto possa dare un valore aggiunto alla busta di un’impresa in gara - il più robusto - è proprio «l’offerta in tema di prodotti agricoli ed agroalimentari biologici», pure a marchio «Dop» e «Igp», o riconducibili ancora a menù «tradizionali» o alla «dieta mediterranea». «La scelta dell’offerta economicamente più vantaggiosa verrà effettuata attribuendo un valore preminente alla qualità dei prodotti agricoli offerti», si legge inoltre nei capitolati, che evocano letteralmente «un incremento dei prodotti biologici, in particolar modo per gli utenti dei nidi d’infanzia». Come sembrano lontani insomma (benché fossero solo due anni fa) i tempi in cui l’amministrazione Cosolini aveva fatto retromarcia a stretto giro sulla percentuale di alimenti “bio”, annunciando prima una contrazione causa crisi e poi un rialzo grazie all’individuazione di una posta di bilancio dedicata. E come sembrano lontani (e in effetti un po’ lo sono, posto che l’apice fu toccato nel 2011 al crepuscolo del Dipiazza-bis di centrodestra) pure i tempi delle polemiche sui menù etnici, successivamente ridimensionati. Ora i piatti di casa sono i padroni. Ciò non significa - assicura Lorenzut - che le esperienze dei pranzi tipici delle comunità più presenti (la serba, la romena e la cinese, ad esempio) spariranno del tutto. Continueranno, come hanno fatto più di recente, a timbrare il cartellino qualche volta l’anno.

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