Susanna e il grande albero: «Io come lui, esseri solitari per tutta la vita»

Platea affollata per la presentazione del nuovo romanzo dell’autrice triestina. «Vorrei tornare dietro la macchina da presa, ma ci vorrebbe un produttore che non guardasse solo al botteghino»
Susana Tamaro
Susana Tamaro
TRIESTE
. A 21 anni di distanza dalla presentazione a Trieste di "La testa tra le nuvole" è un abete plurisecolare a riportare Susanna Tamaro nella città giuliana per raccontare la genesi di un suo libro.


La scrittice triestina narra infatti la storia di un albero tutto speciale nel suo ultimo romanzo per ragazzi, "Il grande albero", pubblicato da Salani nell’ottobre 2009 e presentato ieri in un’affollatissima libreria Lovat, insieme a un altro famoso scrittore triestino, Pino Roveredo. I due si conoscono da lungo tempo e condividono, dice la scrittrice, la condizione di "abeti della radura".


«Ci sono due tipologie di abeti, accomunati da uno stesso destino - spiega Tamaro -, quelli che nascono e vivono nel fitto bosco, schiacciati tra i propri simili, e quelli che nascono in una radura, solitari per tutta la vita, osservati a distanza dagli altri. Io e Pino apparteniamo a quest’ultima specie, siamo animali simili». Alla stessa specie appartiene l’abete protagonista della fiaba della Tamaro, un patriarca verde che, «nato nel 1700, ha attraversato la storia - racconta la scrittrice - vivendo la rivoluzione industriale e due guerre mondiali.


Nella sua esistenza il grande albero ha conosciuto Francesco Giuseppe e la principessa Sissi, prima di venire sradicato per finire in Piazza San Pietro, addobbato a festa per il Natale». «Per l’abete centenario - prosegue Roveredo - la piazza più bella del mondo rischia di divenire tomba, ma Crik, lo scoiattolo che abita tra le sue fronde, non si rassegna alla triste sorte che accomuna di anno in anno gli abeti giustiziati, celebrati e offesi per Natale e, insieme al piccione dall’altisonante nome di Numa Pompilio, lotta per salvarlo e riportarlo dallo smog cittadino alla foresta dove il grande albero è nato».


Con un aiuto speciale: quello del Pontefice. «Lo scoiattolo si imbosca tra le sue vesti - racconta lo scrittore triestino - e mette in allarme i tiratori scelti appostati in zona per difendere l’incolumità del Papa. Ma l’albero addobbato a festa, offeso dai gingilli e dalle luci, sarà miracolato grazie all'intervento del suo piccolo amico».


«Il grande albero - continua la Tamaro - è uno dei libri a cui tengo di più: ci ho messo dieci anni per farlo emergere dalla nebbia e individuarne i contorni, ma poi l’ho scritto molto velocemente. Per me quello della fiaba è il genere più difficile con cui cimentarsi: bisogna fondere fantasia e realtà, inconscio e magia, ma tutti gli ingredienti devono essere dosati alla perfezione».


Per Roveredo la qualità maggiore del "Grande albero" è senz’altro la semplicità della scrittura, che lo rende «una stupenda fiaba, con il privilegio tipico delle fiabe di non invecchiare».


Con Susanna Tamaro e Pino Roveredo si è parlato anche di cinema, la prima passione della scrittrice triestina, che si è diplomata in regia al Centro sperimentale di cinematografia.


«Per anni ho girato documentari sugli animali - ha raccontato Tamaro, che si è presentata in libreria con uno dei suoi amati cani, Tea - e nel 2003 mi sono cimentata personalmente con la regia, con un film girato tra Trieste e la Slovenia dal titolo "Nel mio amore".


Ora vorrei ritornare dietro la macchina da presa, ma di questi tempi è molto difficile: ci vorrebbe un produttore coraggioso, che non guardi solo al botteghino».

Riproduzione riservata © Il Piccolo