Strage di Pinna Nobilis nel golfo di Trieste

Da Muggia a Sistiana il 60-70% degli individui è già morto. Il responsabile è il parassita che sta decimando in tutto il Mediterraneo le popolazioni del grande mollusco.
Alcuni esemplari di Pinna Nobilis fotografati da Saul Ciriaco
Alcuni esemplari di Pinna Nobilis fotografati da Saul Ciriaco

TRIESTE L’epidemia che sta decimando le popolazioni di Pinna nobilis in tutto il Mediterraneo ha raggiunto il Golfo di Trieste. Le febbrili attività di monitoraggio subacqueo condotte dall’Area Marina Protetta di Miramare nelle ultime settimane, abbinate agli esiti delle analisi genetiche compiute dall’Università di Trieste, ormai parlano chiaro: anche se nella riserva di Miramare sembrano godere ancora di buona salute, da Muggia a Barcola, da Santa Croce a Sistiana, il 60-70% degli individui è già morto. E la causa è sempre lui: l’Haplosporidium pinnae, il parassita che dal 2016 dalla Spagna alla Grecia sta sterminando il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo, ora è arrivato anche nelle nostre acque.

La task force tecnico-scientifica per affrontare l’emergenza si è già messa in moto: dopo la prima moria registrata dai  ricercatori Wwf lo scorso novembre nella zona di Barcola, l’Amp Miramare ha da subito avvisato il gruppo adriatico di allerta costituito nel 2019 su impulso dell’Incn proprio per tenere sotto controllo la situazione e con Università di Trieste, Ogs, Arpa, Regione FVG, Ispra e istituti di ricerca che si occupano a livello nazionale e internazionale del fenomeno e sta preparando un piano di azione.

Nel 2018 Miramare ha attivato un progetto specifico - il progetto Restorfan finanziato da Medpan (Network delle aree protette mediterranee) - che prevede la valutazione dell’uso dei giovanili di pinna rinvenuti negli impianti di mitilicoltura per possibili azioni di ripopolamento in altri siti, e nel 2019 ha aderito al Gruppo adriatico di allerta attivando da subito un protocollo di monitoraggio bimensile. Ed è stato proprio durante uno di questi censimenti che nel novembre scorso i ricercatori della Riserva - già allertati la scorsa estate da una moria avvenuta nella sponda croata dell’alto Adriatico all’altezza di Zara - hanno colto i primi segni di un evento di mortalità che ha avuto come epicentro la zona tra Barcola e il confine dell’AMP sul molo Sticco.

“Al momento - spiega Saul Ciriaco, che per l’Amp Miramare sta seguendo l’evolversi della situazione in mare - i dati osservati evidenziano una mortalità media che si attesta mediamente al 60-70% degli individui. Molti si presentano ancora in posizione verticale (questa situazione probabilmente cambierà a seguito della dissoluzione del bisso e delle prime mareggiate) e spesso ancora con i resti di materiale in decomposizione ma già colonizzati all’interno da pesci come blennidi, gobidi e anche serranidi”. 

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