Stop alla Biblioteca nel Salone degli incanti
TRIESTE «Dobbiamo inventarci qualcosa entro l’anno. Inventare è la parola giusta». Il Salone degli incanti non incanta più. E si riapre, a distanza di 10 anni dall’inaugurazione (18 febbraio 2006) del centro espositivo d’arte moderna e contemporanea con le “Timeboxes” di Andy Warhol (seconda amministrazione Dipiazza), il concorso di idee su cosa fare di quei 2mila metri quadrati coperti sulle Rive, che un tempo fungevano da Pescheria centrale (laicamente intitolata a Santa Maria del Guato). È l’assessore alla Cultura Giorgio Rossi a rimettere tutto in discussione ora che il Salone degli incanti giace vuoto dopo l’annuale sfilata di Its e la mostra “14-18 Due fronti, una città” (smontata il 19 giugno). Non c’è nulla in programma nei prossimi mesi a parte forse il brindisi barcolano del “Prosecco bubbling style on show” by Cciaa di Antonio Paoletti. «Per il Salone degli incanti sto facendo delle valutazioni - ammicca Rossi -. Nel 2017 ci sarà qualcosa di importante e significativo. Non voglio espormi ora. Quel contenitore sulle Rive potrebbe avere qualcosa di importante il prossimo anno». E per quest’anno? Nulla. Il “vuoto” come installazione dopo quella di Jannis Kounellis del 2014 . «Bisogna assolutamente programmare qualcosa che non sia la mostra del francobollo. Its è un’ottima iniziativa, ma è una manifestazione che viene da fuori. Ha un ottimo circuito di interesse internazionale, ma dobbiamo fare qualcosa che riscuota un maggior interesse cittadino e nazionale», aggiunge il vulcanico assessore.
Nessun accenno, invece, ai progetti messi in campo dalla giunta precedente che sono almeno due per il Salone degli Incanti: prima il trasloco dell’Immaginario scientifico da Grignano (poi dirottato sull’ex Meccanografico di Campo Marzio) fortissimamente voluto dall’ex sindaco Roberto Cosolini e poi la Biblioteca civica (sul modello delle mediateche francesi) per la quale si è speso fino l’ultimo assessore alla Cultura Paolo Tassinari. Della biblioteca “vivente” con vista sul mare dovrebbe esistere anche uno studio di fattibilità costato quasi 50mila euro (che nessuno però ha mai visto) affidato lo scorso novembre a Map Studio di Venezia (Magnani e Pelzel architetti associati), Mhk Consulting di Trieste e Antonella Agnoli (biblioteconoma). «Non so nulla. Mai visto questo studio di fattibilità. In ogni caso non credo poi che quel contenitore vada bene per una biblioteca. Di biblioteche ne abbiamo tante sparse sul territorio», taglia corto il nuovo assessore Rossi. Di portare i libri dove una volta c’erano i pesci non se parla. «Non so nulla di quel progetto. Gli uffici non mi hanno fatte vedere le carte dei predecessori - continua Rossi -. In ogni caso fare una biblioteca in un contenitore del genere è un peccato mortale. Il Salone degli incanti, lo dice la parola stessa, nasce per dare valore e significato a mostre ed esposizioni di un certo spessore e internazionalità».
Che fare allora? «Non ci sono dubbi che vada valorizzato come centro espositivo per cui è stato ristrutturato. È un contenitore che può contenere delle cose importanti visto lo spazio e il volume. Quello spazio non lo troviamo da un’altra parte in città. Negli altri musei si possono esporre solo cose limitate. Nel Salone degli Incanti si possono fare grandi cose. E un contenitore da valorizzare». È pensabile agganciare il Salone degli Incanti al Museo Revoltella come avrebbe voluto fin dall’inizio l’ex direttrice Maria Masau Dan? «Perché no?», butta lì possibilista Rossi. Resta da immaginare anche una convivenza diversa con lo storico “Aquario” in attesa del Parco del mare.
Una questione rimasta irrisolta in tutti questi anni. Una vecchia idea del direttore dei Musei scientifici Nicola Bressi era quella di creare un acquario come parete divisoria tra le due realtà. Un’idea suggestiva che sembra sia entrata anche nello studio di fattibilità della biblioteca (destinato a essere buttato a mare alla nuova amministrazione). «Nel 2017 il Salone degli incanti sarà qualcosa di importante. Dobbiamo partorire un’idea entro quest’anno - ripete Rossi -. Dobbiamo inventarci qualche cosa. La parola inventare è appropriata. Una cosa bella a costi compatibili. Con tanti soldi tutti sono bravi a fare». La ristrutturazione della Pescheria è costata 7 milioni di euro (soldi messi dalla Fondazione CrTrieste). E ora si registrano altri 50mila euro buttati via in uno studio di fattibilità decretato irrealizzabile prima ancora di essere visionato.
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