Soprintendenza, «lavori affidati senza gara ma l’urgenza non c’era»
L’Autorità nazionale Anticorruzione (Anac) ha concluso l’istruttoria avviata l’estate scorsa sui restauri che la soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici Maria Giulia Picchione affidò sempre con il criterio della “somma urgenza” e sempre alla stessa impresa, la Lepsa srl di Roma, tra il 2012 e il 2014 per un importo globale di circa un milione di euro. Secondo il Consiglio dell’Anticorruzione la legge che disciplina l’affidamento in “somma urgenza” - e consente di saltare le normali procedure di gara se i beni tutelati stiano per collassare o ci sia rischio per l’incolumità pubblica - non ha visto una «corretta applicazione». I presupposti per agire in quel modo non c’erano.
È questa l’estrema sintesi della comunicazione inviata qualche giorno fa alla Soprintendenza e alla Direzione regionale per i Beni culturali, entrambe coinvolte nell’istruttoria. Il caso riguarda quattro restauri attuati in regione: due - per i quali la stazione appaltante è la Direzione regionale - relativi alla messa in sicurezza della cinta muraria di Palmanova; altri due - per i quali la “stazione” era la Soprintendenza - attuati su Palazzo Clabassi a Udine; e su Casa Bertoli ad Aquileia. Ad accendere i riflettori era stata l’Ance, l’Associazione regionale dei costruttori che aveva inoltrato lo scorso luglio, su «presunte anomalie», un esposto all’Avcp, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici poi sostituita dall’Anac. Nel frattempo si era mosso il ministero dei Beni culturali, inviando in regione l’ispettore Antonio Tarasco la cui relazione aveva evidenziato nettamente «profili di criticità» negli iter seguiti. Il ministero aveva aperto un procedimento disciplinare nei riguardi di Picchione, sospendendolo vista l’apertura di un’inchiesta - protocollata come “atti relativi”, cioè senza alcun indagato - da parte della Procura.
L’Anac trae le proprie conclusioni dopo avere esaminato in istruttoria documenti e controdeduzioni inviate da Picchione e dalla Direzione regionale. Quest’ultima ha trasmesso all’Autorità «una corposa documentazione atta presumibilmente a dimostrare» di aver mosso «diversi rilievi» a Picchione «su tutti gli affidamenti in somma urgenza alla Lepsa, sia a causa della mancata applicazione del principio di rotazione» tra imprese, «sia a causa delle mancate precisazioni nei verbali sui lavori» indifferibili e su quelli che potevano invece essere rinviati. Quanto a Picchione, riporta l’Anac, «sostanzialmente conferma la legittimità del proprio operato precisando» che le opere non erano state programmate. Sottolinea la «delicatezza tecnica degli interventi e la risaputa esperienza» della Lepsa nel restauro scientifico, e annota che in Soprintendenza non c’era alcun elenco da cui attingere «eventuali altre ditte referenziate» prima di puntualizzare ciascun intervento, evidenziando in un caso come il ritardo nell’invio degli atti alla Direzione regionale era legato, al momento, al fatto che fosse vacante la poltrona del direttore.
Al contrario, l’Anac - a firma del dirigente dell’Ufficio vigilanza lavori Carlo Cresta - annota come i cantieri affidati da Picchione alla Lepsa non erano «improvvisi e sopravvenuti», ma «tutti già programmati e finanziati in via ordinaria». E se l’urgenza sopraggiunga per ritardi e dunque «comportamento colpevole dell’amministrazione», il ricorso alla “somma urgenza” è «illegittimo». In più casi tra la constatazione dell’urgenza e l’avvio del cantiere è «trascorso un tempo rilevante»: per esempio le opere di Casa Bertoli e di una porzione delle mura di Palmanova, rubricate entrambe come indifferibili il 19 dicembre 2013, sono partite nel maggio e giugno 2014, per «avverse condizioni meteo». Dunque la «situazione eccezionale» non esisteva. Non si spiega - osserva poi l’Anac - perché non si potesse «interpellare per le vie brevi altre imprese» così da raccogliere «più preventivi e documentare un minimo di confronto di mercato e di corrispondente valutazione di congruità». L’Anticorruzione, ancora, ritiene «insufficiente» che la Soprintendenza abbia insistitito sull’esperienza della ditta, né condivide che «non sia fornita di un albo» di imprese di fiducia. Picchione comunque avrebbe potuto intervenire solo per mettere in sicurezza i beni, «rinviando a una fase successiva» il resto. Infine - e su questo l’Ance aveva presentato un’ulteriore segnalazione all’Autorità - se quando fu redatto il verbale di somma urgenza per uno dei restauri a Palmanova la Lepsa era coperta dalle attestazioni Soa (le certificazioni dell’ex Albo nazionale costruttori), la ditta non aveva invece la certificazione - allora in fase di rinnovo - quando furono sottoscritti atti per altri due cantieri.
L’Autorità dà ora 30 giorni a soprintendente e Direzione per presentare altre controdeduzioni e chiedere un’audizione. Prima della decisione finale sulla vicenda.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo