«Sono astrofisico per spirito d’avventura»

Affollata lezione alla Sissa del Premio Nobel americano Barry Barish, co-autore della scoperta delle onde gravitazionali
Il Premio Nobel statunitense Barry Barish, 84 anni compiuti ieri, mentre tiene l’attesa lezione alla Sissa
Il Premio Nobel statunitense Barry Barish, 84 anni compiuti ieri, mentre tiene l’attesa lezione alla Sissa

TRIESTE A 15 anni sognava di diventare uno scrittore, ma una lettura sbagliata consigliatagli dal suo professore gli fece cambiare idea. Lui la racconta scherzosamente così: «È colpa di Moby Dick se sono diventato un fisico. A 15 anni non avevo idea di cosa fosse una metafora e trovai terribile quel romanzo, che invece a 30 anni ho avuto modo di apprezzare».

In tanti penseranno che c’è da ringraziare Melville, perché se Barry Barish non fosse diventato un fisico sperimentale forse l’astronomia avrebbe avuto una storia differente. L’abbiamo intervistato a margine della partecipa lezione che ieri l’ha visto salire in cattedra alla Sissa con un intervento dal titolo “Scandagliare l’universo con le onde gravitazionali”. Barish, lo ricordiamo, ha vinto il Nobel per la fisica nel 2017 insieme a Rainer Weiss e Kip Thorne, «per il decisivo contributo al rilevatore Ligo e l’osservazione delle onde gravitazionali», quelle increspature dello spazio-tempo che Einstein predisse nel 1916 con la sua teoria della Relatività generale.

Conferenza da Nobel: alla Sissa il fisico che ha scoperto le onde gravitazionali
Barry Clark Barish


Il premio Nobel statunitense ha compiuto 84 anni proprio ieri: «Ma per Urano è soltanto un anno: il pianeta impiega 84 anni terrestri per compiere un giro completo attorno al Sole», sottolinea con un sorriso malizioso. Lui a 84 anni continua a insegnare – è in Italia perché sta tenendo un ciclo di lezioni a La Sapienza di Roma – con immutata passione e con una verve invidiabile.

Ma qual è il suo segreto? «Per diventare uno scienziato di successo serve senz’altro il talento, ma non basta. Per me è stato essenziale possedere spirito d’avventura e tanta curiosità – spiega –. Sono caratteristiche che da ragazzini appartengono quasi a tutti, ma spesso il sistema educativo le uccide: invece sono ingredienti fondamentali per diventare un buono scienziato». Grazie al lavoro di Barish nel 1994 è stato avviato il progetto Ligo, con la realizzazione di due interferometri che a 21 anni di distanza, nel 2015, sono riusciti a captare il segnale di un’onda gravitazionale prodotta dalla fusione di due giganteschi buchi neri. Questa prima osservazione ha segnato l’inizio di una nuova era per la ricerca astronomica: «La natura non ha limiti: siamo noi a essere limitati dagli strumenti che abbiamo a disposizione. Aver osservato qualcosa che Einstein aveva previsto cent’anni fa è soltanto l’inizio: ora possiamo usare la gravità per studiare l’Universo, abbiamo aperto una nuova porta e ne apriremo tante altre ancora». Oggi si parla “astronomia multimessaggera” (multi-messanger astronomy) perché l’osservazione combinata, grazie a telescopi terrestri e spaziali, dei fenomeni astrofisici tramite radiazioni elettromagnetiche, onde gravitazionali e neutrini consente da un lato di studiare i segnali già noti in un modo completamente diverso, dall’altro di osservare nuovi fenomeni mai studiati prima d’ora.

Grazie a questo nuovo approccio combinato «potremo avvicinarci sempre più alla comprensione di ciò che è successo immediatamente dopo il Big Bang: è qualcosa di estremamente stimolante». Che potrebbe realizzare il sogno di ogni fisico: conciliare la teoria della Relatività generale di Einstein, perfetta per il macrocosmo, con la meccanica quantistica, che invece funziona benissimo per spiegare il mondo dell’incredibilmente piccolo. –


 

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