SmartGas va al Tar del Lazio: ricorso per fermare l’escavo
MONFALCONE Smart Gas in “rotta di collisione” con l’Azienda speciale per il porto. Nodo del contendere l’escavo del canale di accesso allo scalo monfalconese. Le vie sono legali. La società, infatti, ha presentato ricorso al Tar del Lazio, il primo ottobre, attraverso il legale dell’imprenditore Alessandro Vescovini, avvocato Marcello Fracanzani del Foro di Padova. Viene impugnato il decreto emesso il 6 agosto dal Ministero per l’Ambiente unitamente al Ministero per i Beni culturali e del Turismo, che ha sancito il “via libera” al progetto dell’Aspm con il parere favorevole di compatibilità ambientale.
Un passo, quello compiuto da Smart Gas, già letto in modo netto: «Ritengo sia un atto grave contro il territorio», taglia corto il presidente della Provincia, Enrico Gherghetta, che aggiunge: «Come nella vicenda del Consorzio industriale, è palese che l’imprenditore Vescovini segua i suoi interessi, e questo è lecito, ma ciò contrasta con l’interesse generale». E il presidente dell’Aspm, Gianluca Madriz, osserva: «Mi domando chi dovrebbe pagare i danni a tutti gli operatori e gli imprenditori portuali che da tempo stanno aspettando l’escavo del canale». Una “guerra”, dunque, che ora si sposta sul terreno giudiziario. Sul tappeto i due progetti, l’uno promosso dall’ente pubblico, già autorizzato, e l’altro dal privato, per il quale è atteso il pronunciamento del ministero. L’Aspm sta ora procedendo con il percorso di realizzazione dei dragaggi finalizzati a un approfondimento di 12,5 metri. Nel progetto proposto da Smart Gas, invece, si parla di 13,5 metri, escavo propedeutico alla realizzazione del rigassificatore di piccola taglia nel porto di Monfalcone.
Con il ricorso al Tar, la società chiede l’annullamento, e la sospensione in via cautelare, del decreto del 6 agosto, nonchè il risarcimento dei danni quantificati in 2 milioni di euro. Nell’atto l’avvocato Fracanzani parla di «carenza istruttoria» del progetto dell’Aspm, che «incide pesantemente sulla validità del provvedimento». Chiamati in causa sono i Ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali e del Turismo, nonchè la Regione Fvg e l’Aspm. Assieme alla richiesta di annullamento del decreto si comprende anche «ogni ulteriore atto presupposto, connesso o consequenziale, in relazione al parere della Commissione tecnica di Via, al parere integrativo della Commissione Via, al parere della Regione Fvg e a quello del Ministero per i Beni culturali e del Turismo, parte integrante del decreto» in questione. Il risarcimento dei danni «patiti e patiendi» da parte di Smart Gas, si evince sempre nel ricorso, è legato a ciò che la società sostiene essere un’«illegittima valutazione di impatto ambientale resa sul progetto dell’Aspm, riverberante sul connesso procedimento di Via avviato dalla società per la realizzazione del Terminale di Gnl».
Di mezzo c’è la “compresenza” di due progetti sulla stessa area portuale, ossia l’escavo, che, sostiene Smart Gas, va considerata come un’«interferenza», della quale non s’è tenuto conto. L’avvocato evidenzia: «I due progetti appaiono strettamente connessi, innanzitutto per la perfetta coincidenza delle aree di escavo. Di qui, la necessità di considerarli contestualmente per saggiarne la compatibilità ambientale». Il legale parla di progetti che «presentano sicure interferenze». Il risultato, stando al ricorso, è che non essendo stati integrati i due progetti, la società ha subito danni e ritardi. Fracanzani lo definisce nell’atto un «condizionamento alla realizzazione del progetto di Smart Gas», poichè la società «potrà realizzare il suo escavo e avviare il rigassificatore solo ad ultimazione dei lavori da parte dell’Aspm».
Il legale inoltre osserva: «La società ha proceduto a modificare il progetto originariamente predisposto al fine di minimizzare gli impatti ambientali, proponendo l’integrazione degli escavi. Così non è stato per l’intervento dell’Aspm». E «il ritardo nell’attuazione dell’opera, insieme alla dubbia legittimità degli atti del procedimento di compatibilità ambientale, appaiono forieri di un danno certo per Smart Gas, che vede prolungarsi e financo compromettere la realizzazione della propria iniziativa, per la quale ha già sostenuto un ingente esborso di capitale privato, per assicurare gli adempimenti necessari». Si fa riferimento, in particolare, alle analisi di caratterizzazione dei fanghi, «un’articolata serie di rilievi ambientali - si legge nel ricorso - per un totale di 570 campioni», che, viene aggiunto, «hanno rivelato una situazione ben diversa da quella supposta, emergendo, inequivoca, la presenza di cumuli di rifiuti di vario genere tra i sedimenti e i fanghi depositati nella cassa di colmata». Il legale fa riferimento a rifiuti «in parte abusivi, affiancati da una discarica autorizzata negli anni ’80 di rifiuti inerti per una quantità stimata in 14mila metri quadri, e un deposito di ceneri dell’Enel esterno all’area interessata dall’intervento». Sulla scorta di questi elementi, sostanzialmente, il legale mette in dubbio la regolarità degli atti autorizzativi.
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