Si ritrova in casa 100 milioni di lire che non valgono più nulla
Cento milioni di vecchie lire: forse li ha tenuti nascosti sotto il materasso o, molto meno prosaicamente, li ha custoditi in una cassetta di sicurezza. Dove li abbia conservati dal 2002 a oggi non si sa e, se vogliamo, non è neppure troppo importante. Quello che invece è certo ed importante è che quel gruzzolo di banconote mai cambiato in euro da una goriziana rischia di diventare carta straccia e, al più, potrà essere usato solo per giocare a Monopoli durante le feste di Natale. La colpa è del decreto Salva Italia varato lo scorso dicembre dal governo Monti. L’articolo 26 del documento recita “le banconote, i biglietti e le monete in lire ancora in circolazione si prescrivono a favore dell’Erario con decorrenza immediata ed il relativo controvalore è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al Fondo ammortamento dei titoli di Stato”. In pratica significa che la data ultima per la conversione delle lire in euro è stata anticipata di quasi tre mesi, passando dal 29 febbraio 2012 al 7 dicembre 2011. La disposizione che ha accorciato l’arco temporale di dieci anni inizialmente previsto per eseguire l’operazione è stata però immediata e senza preavviso. I possessori di vecchie lire non hanno cioè avuto il tempo di rivolgersi alla Banca d’Italia e intascare l’equivalente nel nuovo conio.
Secondo un pool di avvocati si tratta di una vera e propria espropriazione, in questo caso “valutaria”, e si pone in contrasto con i diritti inviolabili tutelati dalla Convenzione europea dei diritti umani perché, come si legge sul sito web www.salvavecchielire.it, determina “l’estinzione ope legis del diritto di credito derivante dalla convertibilità in euro delle vecchie lire” e “ha evidentemente cagionato un grave ed irreversibile pregiudizio economico a coloro che ne sono in possesso”. Per tentare di salvare le proprie lire è quindi necessario ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo come ha deciso di fare la goriziana che non ha mai cambiato i suoi 100 milioni. «Molte monete sono distrutte, perse, finite chissà dove – spiega l’avvocato Marco Mizzon, referente per il Fvg del pool di legali formatosi a livello nazionale su iniziativa degli avvocati Andrea Saccucci e Massimiliano Massara -. Se dividiamo la cifra totale per il numero d’italiani, è come se ciascuno di noi avesse perso 50 lire, ma le cose non stanno proprio così. Ci sono persone che, per diversi motivi, non erano mai state in banca a cambiare il denaro e, come nel caso goriziano, sono spesso cifre molto importanti. Nella maggior parte dei casi abbiamo a che fare con anziani che non si fidano, o non si fidavano, della nuova moneta, ma non ci sono solo loro. Il ricorso collettivo ha l’obiettivo di recuperare le somme altrimenti perse e di ottenere un indennizzo». Nel caso di accoglimento dell’azione collettiva, la Corte può condannare lo Stato italiano al pagamento in favore dei ricorrenti di un “equo indennizzo” sia per il danno patrimoniale, sia per quello non patrimoniale. Il danno patrimoniale ammonterebbe al controvalore in euro delle vecchie lire di cui è stata disposta la prescrizione anticipata. La Corte potrà, quindi, condannare lo Stato italiano a corrispondere ai singoli ricorrenti l’equivalente in euro delle lire, ma la Corte potrà anche condannare lo Stato a corrispondere alle vittime un’ulteriore somma di denaro a titolo di danno non patrimoniale. Il ricorso deve essere presentato entro il 6 giugno, poi, con le lire si potrà solo giocare a Monopoli.
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