Sciopero delle cooperative, porto di Trieste bloccato
Fallito l'accordo con i terminalisti. I sindacati: "Eccessivi carichi di lavoro, tariffe basse, flessibilità oraria esasperata". Maneschi: "Armatori pronti a ridurre le navi"
TRIESTE. Sciopero delle cooperative: il Porto resta bloccato nonostante i tentativi di accordo con i terminalisti. Nel corso della notte tra venerdì e ieri, quando sembrava ormai possibile una revoca del blocco agli ingressi del Molo VII e di Riva Traiana, la situazione è precipitata e le stesse organizzazioni sindacali hanno proclamato uno sciopero generale che terrà bloccato lo scalo fino alle 8 di domattina dopo lo stop iniziato nel primo pomeriggio di venerdì. E Maneschi di Tmt si dice pronto ad andarsene in mancanza di sufficienti garanzie.
I motivi del blocco sono piuttosto chiari e riassunti nelle poche righe siglate da Filt-Cgil, Fit-Cisl, Ugl Mare e Uil Trasporti: «Eccessivi carichi di lavoro, con inevitabili conseguenze sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori, il mercato del lavoro portuale da regolamentare, le tariffe troppo basse e l’esasperata flessibilità d’orario imposta ai lavoratori».
L’agitazione che era partita come una protesta della Primavera si è allargata a macchia d’olio ai circa 300 lavoratori delle altre cooperative che, per bocca dei sindacati, chiedono l’istituzione di un tavolo di confronto con tutti i soggetti interessati, compresa la Prefettura e l’Autorità portuale. Proprio in Prefettura, l’altra sera, era stata tentata una conciliazione per la firma di un accordo e il salvataggio della Primavera, ormai in liquidazione e con una situazione debitoria piuttosto seria. Ma cosa non ha funzionato, perché si è deciso di bloccare il porto? «Mi pare di aver capito, visto il coinvolgimento di tutte le imprese portuali, che in tanti sono stufi di questo “mercato delle braccia”. Quanto a noi – risponde Dean Novel, presidente della Primavera – non c’era garanzia per i lavoratori. Abbiamo proposto di trasferire i nostri contratti e di far assumere tutti dalla Compagnia portuale di Monfalcone, ma ci hanno detto che non erano interessati a lavorare con altri soggetti all’interno del Porto (oltre a Tmt sul Molo VII, ndr)».
Sotto lo striscione che invocava l’articolo 17 (si tratta della legge sui porti che prevede un soggetto unico sullo schema della vecchia Compagnia portuale) anche un volto noto in città, Fabio Tuiach, ex pugile e ora socio della Primavera: «Applicando la legge non stiamo in piedi e c’è chi, all’interno del porto, non applica il contratto nazionale di lavoro. Se l’Autorità portuale avesse controllato non si sarebbe giunti a questo punto. Siamo triestini, vogliamo che il lavoro resti a Trieste e che non vada ad altri come ci hanno minacciato di fare».
Ben diversa la lettura data da Pierluigi Maneschi, rappresentante di Evergreen in Italia e concessionario del Molo VII, linfa vitale per lo scalo triestino. «Tanto per cominciare chiamiamo le cose come stanno: si tratta di una serrata e non di uno sciopero perché sono cooperative, cioè imprenditori. Ad ogni modo noi siamo bloccati e gli armatori – annuncia Maneschi – ci hanno già manifestato l’intenzione di ridurre il numero di navi. Qui si vuole tornare indietro, si vuole il vecchio monopolio dei “camalli”, ma Trieste non è Genova o Livorno, qui c’è Capodistria che si è rafforzata e questi giorni di blocco saranno per noi un danno enorme, da decine di migliaia di container l’anno. Abbiamo appena messo 4 milioni di euro per ricapitalizzare e ora li perderemo, non ce lo possiamo permettere. Finché siamo garantiti restiamo, poi si vedrà». C’è anche la contestazione di tariffe troppo basse pagate ai lavoratori… «Le tariffe a Trieste - chiude Maneschi - sono più alte che negli altri porti e le abbiamo appena aumentate».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
TRIESTE. Sciopero delle cooperative: il Porto resta bloccato nonostante i tentativi di accordo con i terminalisti. Nel corso della notte tra venerdì e ieri, quando sembrava ormai possibile una revoca del blocco agli ingressi del Molo VII e di Riva Traiana, la situazione è precipitata e le stesse organizzazioni sindacali hanno proclamato uno sciopero generale che terrà bloccato lo scalo fino alle 8 di domattina dopo lo stop iniziato nel primo pomeriggio di venerdì. E Maneschi di Tmt si dice pronto ad andarsene in mancanza di sufficienti garanzie.
I motivi del blocco sono piuttosto chiari e riassunti nelle poche righe siglate da Filt-Cgil, Fit-Cisl, Ugl Mare e Uil Trasporti: «Eccessivi carichi di lavoro, con inevitabili conseguenze sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori, il mercato del lavoro portuale da regolamentare, le tariffe troppo basse e l’esasperata flessibilità d’orario imposta ai lavoratori».
L’agitazione che era partita come una protesta della Primavera si è allargata a macchia d’olio ai circa 300 lavoratori delle altre cooperative che, per bocca dei sindacati, chiedono l’istituzione di un tavolo di confronto con tutti i soggetti interessati, compresa la Prefettura e l’Autorità portuale. Proprio in Prefettura, l’altra sera, era stata tentata una conciliazione per la firma di un accordo e il salvataggio della Primavera, ormai in liquidazione e con una situazione debitoria piuttosto seria. Ma cosa non ha funzionato, perché si è deciso di bloccare il porto? «Mi pare di aver capito, visto il coinvolgimento di tutte le imprese portuali, che in tanti sono stufi di questo “mercato delle braccia”. Quanto a noi – risponde Dean Novel, presidente della Primavera – non c’era garanzia per i lavoratori. Abbiamo proposto di trasferire i nostri contratti e di far assumere tutti dalla Compagnia portuale di Monfalcone, ma ci hanno detto che non erano interessati a lavorare con altri soggetti all’interno del Porto (oltre a Tmt sul Molo VII, ndr)».
Sotto lo striscione che invocava l’articolo 17 (si tratta della legge sui porti che prevede un soggetto unico sullo schema della vecchia Compagnia portuale) anche un volto noto in città, Fabio Tuiach, ex pugile e ora socio della Primavera: «Applicando la legge non stiamo in piedi e c’è chi, all’interno del porto, non applica il contratto nazionale di lavoro. Se l’Autorità portuale avesse controllato non si sarebbe giunti a questo punto. Siamo triestini, vogliamo che il lavoro resti a Trieste e che non vada ad altri come ci hanno minacciato di fare».
Ben diversa la lettura data da Pierluigi Maneschi, rappresentante di Evergreen in Italia e concessionario del Molo VII, linfa vitale per lo scalo triestino. «Tanto per cominciare chiamiamo le cose come stanno: si tratta di una serrata e non di uno sciopero perché sono cooperative, cioè imprenditori. Ad ogni modo noi siamo bloccati e gli armatori – annuncia Maneschi – ci hanno già manifestato l’intenzione di ridurre il numero di navi. Qui si vuole tornare indietro, si vuole il vecchio monopolio dei “camalli”, ma Trieste non è Genova o Livorno, qui c’è Capodistria che si è rafforzata e questi giorni di blocco saranno per noi un danno enorme, da decine di migliaia di container l’anno. Abbiamo appena messo 4 milioni di euro per ricapitalizzare e ora li perderemo, non ce lo possiamo permettere. Finché siamo garantiti restiamo, poi si vedrà». C’è anche la contestazione di tariffe troppo basse pagate ai lavoratori… «Le tariffe a Trieste - chiude Maneschi - sono più alte che negli altri porti e le abbiamo appena aumentate».
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