Schiavizzata e imprigionata in casa dal marito

L’uomo, sotto accusa per maltrattamenti, le vietava di uscire, vestirsi come voleva e incontrare gli amici. Il tutto per anni
Una foto simbolo di maltrattamenti sulle donne
Una foto simbolo di maltrattamenti sulle donne

TRIESTE Per uscire di casa, quando le era concesso, doveva indossare gli abiti che sceglieva il marito. «Metti questo, chiaro?». Ma non prima di aver riordinato, cucinato e stirato. Il caso finito a processo in questi giorni davanti al giudice Laura Barresi – su cui nei mesi scorsi avevano indagato i carabinieri – sembra una storia pescata dal Medioevo.

Invece è pura attualità triestina: la moglie (oggi trentaquattrenne) costretta per anni e anni a fare da cenerentola al compagno quarantacinquenne. Una sorta di “padre-padrone” che alzava le mani a ogni disobbedienza.

Lui è un commerciante di origini mediorientali, ma residente a Trieste da tempo. Il pubblico ministero Matteo Tripani lo ha messo sotto inchiesta per maltrattamenti. La donna è stata assistita dal centro anti violenza del Goap.

La coppia si era sposata una decina di anni fa. È da quella volta che la vita della ragazza, allora ventiquattrenne, si è trasformata in un inferno. Non solo per lei, ma anche per i due figli piccoli obbligati ad assistere alle violenze e alle umiliazioni inflitte quotidianamente alla madre. Tanto che uno dei bimbi ha addirittura cominciato a chiamare la mamma proprio come faceva abitualmente il papà: «Put..., str...». D’altronde è questo che sentiva in casa. E per i bambini, si sa, il comportamento dei genitori è un modello. C’è uno psicologo, comunque, che si sta ora interessando all’accaduto.

In tutti questi anni l’uomo ha esibito una vita agiata, tra cene e viaggi, ma in realtà non aveva soldi nemmeno per provvedere al sostegno della famiglia. «Dobbiamo mantenere alta la nostra immagine...», diceva. Intanto si faceva servire e riverire dalla moglie, a cui era vietato uscire liberamente, vestirsi come pensava e incontrare gli amici. Il suo compito era cucinare, badare alle faccende domestiche e servire a tavola con cura e attenzione.

Particolari, questi, che la vittima ha raccontato con precisione agli inquirenti. La donna ha riferito ad esempio di un episodio avvenuto durante il viaggio di nozze. La coppia era a cena con altri commensali. Lei si era prima preoccupata di riempire il piatto del coniuge, poi quando ha cominciato a preparare per sé, l’uomo è andato su tutte le furie. «E gli altri? Mi hai disonorato davanti a tutti». E giù botte.

Il marito pretendeva di trovare i vestiti pronti quando si svegliava al mattino. E il cappotto quando si apprestava a uscire.

La situazione è peggiorata nel periodo in cui la coppia si è trasferita all’estero per ragioni lavorative. La donna, in un altro Paese, lontana dalla famiglia di origine, si è sentita ancora più isolata. Praticamente prigioniera del marito. Della sua prepotenza e dei suoi improvvisi scatti di violenza.

Da quanto risulta anche uno dei due bambini sarebbe stato picchiato. Lo dimostrerebbe un verbale di Pronto soccorso. La trentaquattrenne è tutelata dall’avvocato Maria Genovese.

Il quarantacinquenne, invece, è difeso dall’avvocato Paolo Codiglia. L’uomo è a processo non solo per i maltrattamenti familiari, ma anche per non aver versato gli assegni di mantenimento per i figli.

La prossima udienza in Tribunale è fissata a giugno. Il giudice Laura Barresi interrogherà l’imputato e altri testi, tra cui gli assistenti del Goap e i carabinieri che hanno condotto l’intera indagine. —


 

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