Scade l’intesa sul Prosecco: il Carso grida alla “beffa”

Cinque anni fa la firma del protocollo che doveva rilanciare l’agricoltura triestina. «Abbiamo protetto veneti e friulani con il nostro nome. Ci hanno dato le briciole»
Filari di viti sul Carso triestino
Filari di viti sul Carso triestino

TRIESTE. Il danno e la beffa. Sono quelli che gli agricoltori triestini incassano alla scadenza del protocollo siglato esattamente l’8 aprile di cinque anni fa con la Regione e il ministero dell’Agricoltura che prevedeva, attraverso diverse azioni, il rilancio del settore primario provinciale.

Il danno deriva dal mancato avvio del piano di sviluppo dell’agricoltura triestina e del recupero dei terrazzamenti del costone carsico. La beffa riguarda la protezione di milioni di bottiglie e l’impostazione di nuovi impianti vitati concessa non solo ai viticoltori veneti, ma anche a quelli friulani, sfruttando la denominazione geografica della località carsolina di Prosecco, ottenendo in cambio soltando delle “briciole” rispetto a quanto pattuito. «Quell’accordo - spiegano, per l’Associazione agricoltori/Kmecka zveza, il presidente Franc Fabec e il segretario regionale Edi Bukavec - era stato fortemente voluto dall’allora ministro alle Politiche agricole Luca Zaia, a rappresentare gli interessi dei produttori di Valdobbiadene e Conegliano. Grazie alla denominazione geografica della nostra frazione di Prosecco e all’adozione del vitigno Glera, i viticoltori veneti sono riusciti a evitare le eventuali manipolazioni del mercato internazionale e a tutelare le proprie bollicine con l’istituzione della Doc Interregionale Prosecco».

Il Prosecco resta al palo, ma solo in Carso
Una vigna

In cambio della concessione della denominazione geografica Prosecco a tutela del prodotto italiano, la Regione e il ministero hanno siglato con Associazione agricoltori, Coldiretti Fvg, Confagricoltura, Cia e Consorzio di Tutela Vini Collio e Carso un protocollo che prevedeva una serie di interventi a favore dell’agricoltura triestina. Oltre alla realizzazione di un masterplan, ovvero di un piano di sviluppo specifico per lo sviluppo del Carso di cui sinora è stato finanziato solo uno studio costato alla Regione 20.000 euro, il protocollo prevedeva il recupero dei pastini del costone carsico, la realizzazione di un punto di promozione per il Prosecco e per i prodotti locali (finanziato), la messa a punto dei piani di gestione del territorio provinciale interessati dai pesanti vincoli comunitari di “Natura 2000”. «Forse non molti si sono resi conto che il piano di sviluppo per il settore primario triestino era un atto dovuto. Già ai tempi della giunta di Riccardo Illy - afferma Fabec - l’ente aveva ammesso di aver “martoriato” l’agricoltura triestina congelando ben 12.620 ettari di territorio locale con l’applicazione dei Siti di importanza comunitaria e le Zone di protezione speciale».

Prosegue Bukavec: «I vincoli erano stati stabiliti in fretta e furia per evitare le penalità della Comunità Europea, qualcosa come 350.000 euro per ogni giorno di ritardo nell’applicazione di “Natura 2000”, con cui si proteggeva la nidificazione di specie volatili. Già in quel frangente la nostra organizzazione reclamava la possibilità di tutelare attivamente il territorio carsico grazie a quell’agricoltura di carattere conservativo che, dalla notte dei tempi, i nostri avi praticarono creando il paesaggio carsico. Un paesaggio vivo con l’agricoltura a tutelarlo e migliorarlo». Ora l’Associazione agricoltori, alla vigilia della scadenza del protocollo siglato per la Doc Prosecco, chiede il rispetto di quanto stabilito alla stipula del documento. «Mancano i piani di gestione e lo snellimento dai vincoli cui è sottoposto il nostro territorio. Mancano i contributi per realizzare il piano di sviluppo e per il recupero delle campagne del costone dove al momento si procede a singhiozzo al ripristino di alcune strade interpoderali. Grazie alla Doc interregionale, i viticoltori friulani hanno piantato oltre 3500 ettari di nuove viti. Noi invece siamo bloccati, a fronte di una necessità immediata di almeno 50 ettari necessari alle nostre imprese per crescere. Alla Regione - conclude Fabec – chiediamo dunque di rinnovare il protocollo e di sviluppare finalmente, come convenuto, le direttrici convenute».

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