Rogo di Napoli, in fumo anche la triestina “Fram”

Nel disastroso rogo della Città della Scienza di Napoli è andato distrutto anche un prezioso reperto proveniente dal Museo dell’Antartide di Trieste. Si tratta di un modello che riproduce in scala 1:50 la nave Fram (in norvegese “Avanti”), imbarcazione in legno di 39 metri di lunghezza che fu utilizzata in diverse spedizioni nelle regioni artiche e antartiche da vari esploratori norvegesi, tra i quali Fridtjof Nansen e Roald Amundsen, tra gli anni 1893 e 1912. Il modello, un pezzo unico al mondo realizzato artigianalmente e in modo estremamente meticoloso sulla base di disegni d’epoca da un tecnico del Cnen (Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare), Carrer, era stato richiesto al Museo dell’Antartide dalla Città della Scienza per la mostra “Nansen, Esploratore e scienziato. – L’attualità di Nansen nelle ricerche del Cnr”, inaugurata il 22 febbraio scorso.
Un paio di settimane prima il reperto era partito da Trieste, spedito con tutte le accortezze del caso, per raggiungere la sede di Napoli, dove sarebbe rimasto in esposizione per alcuni mesi se l’incendio della sera del 4 marzo non l’avesse mandato in cenere. «Attenderemo un paio di giorni - commenta il direttore del Museo dell’Antartide Nevio Pugliese - per capire se l’assicurazione stipulata dal Cnr per l’occasione, che ammonta a 10mila euro, coprirà il danno. Ma il pensiero va prima di tutto ai 160 dipendenti della Città della Scienza, che già da undici mesi non percepivano lo stipendio e oggi non sanno nemmeno se e quando potranno ricominciare a lavorare».
Solidarietà ai colleghi di Napoli per l’accaduto anche dal direttore dei Civici musei scientifici Nicola Bressi: «È un danno per l’Italia e per il mondo ed è ormai chiaro che si è trattato di un incendio doloso: è stato appiccato in più punti e si è aspettato che non ci fosse pubblico dentro la struttura. Ci si chiede a chi giova tutto ciò: di sicuro non ai dipendenti della Città della Scienza, che pur rivendicando uno stipendio da mesi così sono rimasti praticamente senza un lavoro. La sensazione – dice Bressi, che nel ‘99 aveva lavorato nel Napoletano, al Parco del Vesuvio – è che si sia voluta uccidere un’idea di sviluppo diversa, legata alla cultura anziché alla malavita e al lavoro agricolo. Si è voluto uccidere un circolo virtuoso che si era creato all’interno della Città della Scienza».
Dopo un incendio durato più di 13 ore, che ha praticamente raso al suolo uno dei gioielli culturali della periferia occidentale di Napoli, ora della Città della Scienza resta solo quello che Roberto Saviano su Repubblica definisce “uno scheletro sul mare”.
Giulia Basso
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