Rischio paralisi in porto per l’allarme coronavirus: balla un terzo dei traffici

Zerbini (Molo VII): «Fino al 40 % delle navi che passano da noi tocca la Cina» Visintin (spedizionieri): «Con le fabbriche chiuse gli arrivi non potranno che calare». Incertezza tra le realtà di punta del settore alimentare, dai vini del Collio al caffè. Fincantieri rassicura: il calo del mercato crocieristico non peserà sugli ordinativi.
Lasorte Trieste 13/06/17 - Porto, Magazzino Pacorini, Caffè
Lasorte Trieste 13/06/17 - Porto, Magazzino Pacorini, Caffè

TRIESTE. Un terzo dell’abituale traffico merci via mare a Trieste tocca la Cina. Ecco perché la riduzione causata dall’emergenza sanitaria del Coronavirus rischia di avere un impatto consistente sull’attività del porto. Al momento è impossibile azzardare previsioni numeriche su quante navi, destinate a percorrere la rotta verso Trieste, dovranno restare ferme nei porti dell’Estremo Oriente. Se i voli da e per la Cina già nei giorni scorsi sono stati bloccati, per quanto riguarda il traffico navale mercantile non ci sono ancora indicazioni attendibili. O meglio, una certezza c’è: i traffici subiranno inevitabilmente delle ripercussioni, visto che molte fabbriche nell’ex Celeste Impero sono rimaste chiuse (di mezzo c’era anche la festività del capodanno cinese) e i cittadini sono invitati a restare il più possibile nelle proprie abitazioni in via precauzionale.

È questo lo scenario che preoccupa Fabrizio Zerbini, presidente di Trieste Marine Terminal, società che opera sul Molo VII, principale terminal d’accesso delle merci nel porto giuliano. «In Cina stanno chiudendo aeroporti, fabbriche e purtroppo a livello internazionale ormai basta uno starnuto per generare allarme. Insomma, è chiaro che tutto questo avrà effetti negativi anche sulle realtà portuali come la nostra – osserva Zerbini –. Qui a Trieste passa una fetta importante del traffico merci con l’Estremo Oriente, con navi di grandi dimensioni e servizi oceanici diretti non meno di tre volte alla settimana. Questo tipo di traffico si attesta sul 35-40 per cento del totale. Speriamo che non ci siano tante navi bloccate, ma è chiaro che per adesso ogni previsioni sarebbe azzardate».

Anche nell’Alto Adriatico la parola d’ordine, comunque, è «no all’allarmismo», come ribadito ieri da Daniele Rossi, presidente di Assoporti, a cominciare dai controlli sanitari a proposito dei quali anche Zerbini evidenzia che a Trieste le procedure di sicurezza sono garantite e consolidate. «Tutte le navi che arrivano in questi giorni continuano a seguire le procedure standard – puntualizza il presidente di Trieste Marine Terminal –. Ovvero fanno richiesta di libera pratica e prima di arrivare alla banchina controlliamo da quale porto arrivino. Poi si verifica lo stato di salute dell’equipaggio e solo se viene accertato che non ci sono problematiche sanitarie si concede di scendere a terra. Come detto, per ora le procedure restano quelle standard. Vedremo se nei prossimi giorni arriveranno indicazioni diverse da parte delle autorità sanitarie».

In ansia Stefano Visintin, presidente dell’Associazione degli spedizionieri del porto: «Non possiamo che essere preoccupati. La diminuzione della produzione e dei traffici dalla Cina non potrà che rallentare il flusso di merci tra Trieste e l’Estremo Oriente, ovvero circa un terzo del flusso di container del nostro porto – afferma Visintin –. Credo che ci vorrà almeno un mese e mezzo per ritornare a una situazione normale. L’auspicio, ovviamente, è che in primis venga superata la fase d’emergenza sanitaria. A complicare ulteriormente la situazione è stata la concomitanza con il capodanno cinese. E pensare che fino a due settimane eravamo in presenza del picco delle spedizioni».

Col fiato sospeso anche le eccellenze locali della produzione alimentare ed enogastronomica. «Per noi quello cinese è un mercato in espansione – sottolinea il presidente del Consorzio Collio David Buzzinelli – , che sta cominciando a crescere sfiorando il 5 % della nostra produzione. Non ancora numeri di grandissimo rilievo, ma comunque in crescita». «Il Coronavirus sta creando una situazione difficile per tutti i settori – aggiunge – e ci aspettiamo qualche scossone, sperando comunque che l’esportazione non ne risenta».

Altre aziende di punta, su tutte Illy Caffè, attendono l’evoluzione del fenomeno per capire se ci saranno o meno conseguenze sul mercato di settore. Nel 2018, con un +12% di vendite a volume, quello cinese è stato il più dinamico tra i mercati esteri per la storica azienda triestina che nel 2006 aveva precorso i tempi aprendo una delle sedi internazionali dell’Università del Caffè. Ieri abbiamo chiesto se a fronte della diffusione del Coronavirus si temano ripercussioni sotto il profilo dell’interscambio con la Cina di docenti e tecnici, o contraccolpi per l’esportazione. I tempi non sono ancora maturi per una risposta che dovrebbe, presumibilmente, arrivare a breve quando il quadro si sarà delineato in modo più nitido.

Nelle stanze di Fincantieri, invece, ci si sbilancia verso l’ottimismo: è escluso che la probabile contrazione del traffico crocieristico abbia riflessi negativi sul portafoglio ordini. 




 

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