Riciclaggio in Slovenia: il governo fa luce su documenti e nomi
LUBIANA. Le antenne in Slovenia erano ben dritte. L’affare riciclaggio è stato portato alla ribalta del Paese dalla commissione istituita in materia dal Parlamento. E così, dopo che l’avvocato di Banja Luka (Republika srpska) Dijana Đuđić aveva illecitamente prestato 450 mila euro al Partito democratico (Sds), denaro che poi è stato restituito, un’attenta analisi dei conti correnti bancari ha portato alla scoperta di sospette transazioni che proprio la Đuđić ha effettuato attraverso la Nova Kreditna Banka Maribor (la stessa, come spiega la commissione d’inchiesta in materia di riciclaggio, che sarebbe stata usata anche dalla mafia). Transazioni che l’Ufficio per la lotta al riciclaggio di denaro sporco della Slovenia non ha ritenuto legittime.
La conferma giunge dal relativo documento nelle mani di Rtv Slovenija. Da esso si può ricostruire il lavoro svolto dall’avvocato nel corso di questi ultimi mesi. L’allarme è scattato quando alla Kreditna di Maribor è giunto su un conto corrente intestato a Đuđić un secondo versamento di 45 mila euro proveniente da Cipro. La donna lo aveva prelevato lo stesso giorno in contanti. Un più accurato controllo sui movimenti relativi a quel conto ha evidenziato che negli ultimi nove mesi vi erano transitati 1,8 milioni di euro.
L’Ufficio per la lotta al riciclaggio di denaro sporco ha immediatamente (si parla del settembre scorso nel documento) avvisato la direzione generale della polizia slovena. Il direttore dell’Ufficio Darko Muženič ha inviato, infatti, al capo della sezione di polizia che occupa dei crimini finanziari Dušan Florjiančič un dossier dal titolo “Dijana Đuđić - comunicato su transazioni sospette”. Secondo quanto trasmesso dall’Ufficio agli inquirenti ci sarebbero le prove di riciclaggio di denaro sporco a carico di Dijana Đuđić, di alcune società della Bosnia-Erzegovina e della Slovacchia e del sindaco di Zavrč, Miran Vuk, già nei guai giudiziari per un buco di 8 milioni di euro.
Dal documento in mano alla Rtv Slovenija emergono anche alcune interessanti testimonianze. Come quelle di Dejan Rešanović e Zoran Stakić rese agli investigatori per crimini finanziari della Bosnia. I due hanno raccontato di aver aperto conti correnti, su proposta della Đuđić, presso l’Unicredit in Austria e di aver autorizzato che Đuđić possa avervi accesso. Su questi conti, successivamente, l’avvocato bosniaco ha convogliato tutte le sue attività finanziarie. Quando gli inquirenti bosniaci hanno sentito in merito alla vicenda anche la Đuđić questa ha affermato che tutto il denaro che aveva ritirato lo aveva consegnato all’autista Miran Vuk, il quale era personalmente presente durante i prelievi.
Assolutamente non chiarito rimane anche il movimento di denaro che è stato registrato tra il novembre del 2016 e il marzo del 2017 attraverso un conto corrente austriaco intestato alla cittadina bosniaca Jelena Sladojević. Il denaro sarebbe stato inviato da società alcune delle quali riconducibili alla Đuđić e a Rok Snežič. Quest’ultimo è un discusso imprenditore sloveno di 36 anni, campione di kickboxing categoria “full-contact”, ha aziende in Slovenia e in Bosnia-Erzegovina e che ama paragonarsi a Silvio Berlusconi e al calciatore spagnolo Lionel Messi molto vicino alla Sds di Janez Janša. Lui però nega con forza qualsiasi coinvolgimento in questa storia che la giudica una vergognosa gogna politica pre elettorale. «L’intera campagna elettorale delle sinistre - ha dichiarato a Rtv Slovenija - si svolge contro Rok Snežič e contro un paio di bosniaci. Io non ho versato denaro a nessuno di questi bosniaci che voi menzionate. Che dimostrino che io ho firmato qualche versamento su quei conti».
Tuttavia l’Ufficio per la lotta al riciclaggio di denaro sporco della Slovenia sospetta che Dijana Đuđić sia solamente una sorta di “trafficante di denaro sporco”, opera per la quale verrebbe pagata a percentuale. La vicenda è anche nelle mani della magistratura slovena come conferma lo stesso procuratore generale Drago Šketa il quale precisa che adesso si tratta di provare se questi movimenti finanziari siano stati realmente il frutto di affari fittizi e di società di comodo.
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