Raddoppio centrale nucleare di Krsko, l’allarme degli esperti: "In caso di terremoti effetti devastanti. Pericoli sottovalutati»

A far paura è la sismicità della zona in cui sorge l’impianto sloveno  «Alziamo la voce per evitare che ne venga costruito un secondo» 
Livio Sirovich
Livio Sirovich

TRIESTE in tutta Europa, l’impianto nucleare di Krsko è l’unico che sia collocato in un’area a sismicità medio-alta. Ed è per questo che rappresenta un grande pericolo. È il concetto ribadito più volte nel corso della diretta facebook organizzata dal Pd Trieste, dal titolo “Il rischio sismico della centrale nucleare di Krsko: 125 chilometri da Trieste, in direzione della Bora”, durante cui sismologi e geologi (intervenuti a titolo personale), hanno mostrato i pericoli legati all’impianto progettato sul finire degli anni Settanta e attivo dal 1983. «All’epoca non si sapeva nulla della sismicità dell’area.

La centrale fu costruita senza un’analisi», ha spiegato Livio Sirovich, geologo-sismologo ricercatore associato dell’Ogs di Trieste. Nonostante numerosi studi successivi abbiano dimostrato l'instabilità del luogo, «la Slovenia intende costruire accanto a quella già esistente un’altra centrale, con potenza tripla. In un primo momento, gli approfondimenti per la costruzione della Krsko 2 furono affidati a due istituti nazionali francesi.

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Ma quando questi ultimi si accorsero che c’erano problemi significativi, e che erano presenti faglie spostatesi in epoche recenti, scrissero una lettera per denunciare la cosa», ha sottolineato Sirovich. I più pericolosi eventi sismici non sono circoscritti solo ai tempi recenti: Peter Suhadolc, sismologo e direttore del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Trieste, ha spiegato che «nell’arco di 150 anni, in quella zona, ci sono stati diversi terremoti tra magnitudo 5 e 5 e mezzo: non è un posto adatto alla costruzione di una centrale nucleare. La pericolosità viene calcolata sulla base di terremoti passati. Ma non sappiamo niente di quelli futuri, che potrebbero avvenire su faglie createsi in prossimità della centrale».



Tuttavia, l’urgenza di puntare nuovamente i riflettori sui rischi sommersi è connessa anche agli eventi che hanno coinvolto la Croazia nell’ultimo anno. «I dati dimostrano che c’è una notevole sismicità. Diverse scosse, negli ultimi mesi, hanno riguardato Zagabria, che è a soli 40 chilometri dall’impianto di Krsko – ha affermato il ricercatore Giovanni Costa, membro di una rete di monitoraggio transfrontaliera in cui sono incluse anche Slovenia e Croazia -. Grazie alla collaborazione dei vari paesi, teniamo costantemente sotto controllo ciò che accade nella zona. E ciò che emerge è che sia sismicamente attiva». Per questo motivo Costa, al pari dei suoi colleghi, crede non sarebbe opportuno raddoppiare l’impianto, come è invece nelle intenzioni della Slovenia. «Siamo in un momento cruciale per la centrale. La licenza scadrà nel 2023, sarà allora che si deciderà del suo destino – ha sottolineato il geologo viennese Kurt Decker -. Questo è il momento giusto per i governi europei di intervenire, di far sentire la propria voce. Le faglie attive che sono state mostrate sulla cartina parlano da sole dei pericoli che si corrono».

Nel 2017, gli studiosi hanno presentato la questione sia al Parlamento italiano che a quello europeo. Ma senza risultati sostanziali. Il timore è che siano coinvolti troppi interessi economici perché si possa optare per la chiusura dell'impianto: «Le autorità slovene vogliono far funzionare la centrale fino al 2043. Questo significherebbe tenerla attiva nonostante i molti anni - ha concluso Decker -. Ma la buona notizia è che, in quel caso, la Slovenia sarà costretta a portare avanti degli studi accurati per valutare l'impatto ambientale che la centrale ha sui paesi confinanti».

Al confronto è intervenuta anche la parlamentare Debora Serracchiani. «Risale ormai a oltre dieci anni or sono la prima ipotesi, formulata dal centrodestra - ha detto - che la Regione partecipasse al raddoppio della centrale di Krsko, contro cui ci siamo schierati fermamente. Ora sembra che anche il centrodestra, attraverso amministratori regionali e sindaci abbia fatto proprie le preoccupazioni diffuse tra i cittadini. La politica deve farsi interprete di queste preoccupazioni e le occasioni di approfondimento come questa sono benvenute». —

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