Quella targa che ricorda il debutto del “mulo” Tai
TRIESTE Una targa storica e un luogo divenuto nel corso degli anni un vero e proprio monumento al mondo del tessile italiano. Si trova al numero civico 5/1 di via Pendice dello Scoglietto, nel rione di Cologna. Conserva la storia del maglificio Venjulia, uno spazio dove mosse i primi passi Ottavio Missoni, all’epoca non ancora il grande stilista riconosciuto il tutto il mondo grazie alla griffe ideata assieme alla moglie Rosita. Il fallimento del marchio Venjulia (diventato poi all’improvviso sulla targa Veniulia, con la i, probabilmente per mancanza di spazio sulla lastra di metallo), risale al 2005, anche se ormai da moltissimi anni quella era una creatura distante da ciò che Missoni, originario di Zara e approdato poi a Trieste, fondò assieme a Giorgio Oberweger e Livio Fabiani. Talmente distante che l’azienda Missoni Spa di Sumirago (Varese ndr) ne prende subito le distanze. «L’azienda di via Pendice Scoglietto - precisa in una nota la signora Missoni, contattata appunto per sapere se la maison intende o meno conservare quel pezzo di memoria triestina - non era più di Ottavio Missoni ma di Livio Fabiani e Giorgio Oberweger. Dal 1953 infatti, Ottavio e Rosita Missoni hanno costituito la loro azienda a Gallarate. Ringraziando per l’attenzione inviamo cordiali saluti».
L’impero commerciale costruito dal “mulo” Tai Missoni, insomma, non ha interesse a salvare quella pagina del passato. Eppure lì sono nate in un certo senso le tute delle nazionali di calcio, atletica leggera, pallacanestro, sci, canottieri, quella degli atleti olimpici dell’edizione londinese del 1948, la stessa a dove gareggiò anche Missoni; dal magazzino del Venjulia partiva infatti i tessuti per i campioni.
Se si guarda alla memoria allora anche la targa visibile oggi diventa fondamentale per capire le sorti di imprese un tempo capaci di sfondare e attualmente fagocitate nella crisi finanziaria. In un’intervista di qualche anno fa rilasciata a Claudio Ernè, Livio Fabiani disse, a proposito del laboratorio, che c’era ancora «il cartello col nome del maglificio in Pendice Scoglietto. Mi sembra di passare davanti a una lapide». Per certi versi questa targa rappresenta la testimonianza funebre di un modello aziendale che probabilmente non tornerà più. A constatarlo con amarezza è anche Renzo de’ Vidovich, cugino di Ottavio Missoni e rappresentante dell’associazionismo degli esuli: «Da quello che ricordo questa targa praticamente non si vede, è poco visibile e, soprattutto, non svolge la funzione che dovrebbe svolgere. Un gran peccato visto che, come dato storico, quella targa rappresenta una memoria unica e credo che bisognerebbe trovarle una giusta collocazione. D’altronde Ottavio era cittadino onorario di Trieste e sarebbe bello riuscire a organizzare qualcosa, magari restaurarla. Il luogo è importante perché è il primo laboratorio di Ottavio. Ricordo che era uno spazio molto modesto anche se funzionale alla produzione e alla creatività che Tai dimostrava di possedere. Le piccole cose a volte diventano molto importanti».
«L’attenzione a quella targa nasce dalla necessità di conservare parte della memoria cittadina e di riflesso, quella di un uomo come Ottavio Missoni e la sua capacità di fare impresa - afferma Piero Del Bello, direttore dell’Irci, l’Istituto regionale per la cultura istriana -. Piuttosto che lasciare in stato di abbandono l’iscrizione all’ingresso del primo laboratorio del “nostro” stilista, meglio ipotizzarne lo spostamento in uno spazio che possa valorizzarla. La targa del Venjulia per esempio - conclude Del Bello - potrebbe tranquillamente trovare spazio all’interno della conservazione della memoria e delle collezioni dell’Irci».
Matteo Montesano è il commercialista che lavorò come curatore fallimentare della Venjulia nel 2005. «Non ricordo beni come la targa, credo fosse realmente senza valore anche perché non è rientrata nel fallimento». La proprietà del laboratorio «era di altri soggetti privati», gli stessi che oggi hanno lasciato in abbandono la struttura. Maurizio Boz, è presidente della squadra Venjulia Rugby e che si è ispirata un po’ al maglificio di via Pendice Scoglietto per il nome. «Noi potremmo certamente tenere la targa nella nostra sede nel campo dell’Ervatti a Opicina. Se ci fosse il rischio di perderla o di vederla abbandonata, potremmo tranquillamente metterla in una teca di vetro e conservarla dignitosamente».
Missoni aveva un affetto particolare verso Trieste e certamente conservava la città in un angolo del suo cuore. «In via informale - racconta Boz - fu proprio Missoni a risponderci che avrebbe fatto da sponsor alla squadra. Non c’era niente di scritto, intediamoci, solo la sua parola. Dopo la sua morte il progetto non è più decollato. Probabilmente gli eredi non l’hanno più ritenuta un’operazione importante».
Ad oggi l’area del maglificio Venjulia è semi abbandonata. Decine di studenti universitari le passano davanti quotidianamente, soprattutto tornando verso il centro dopo le lezioni e gli esami. C’è un’unica finestra senza tapparelle e l’interno è lasciato allo sbando. Vicino ad esso ci sono anche alcune serrande nuove oltre le quali pare di intravedere dei box auto. In questo caso, l’elemento da salvare dall’incuria e dall’abbandono è rappresentato dalla targa che resiste, appoggiata alla colonna di sinistra all’inizio della discesa che porta al laboratorio. Il design è antico, oggi si direbbe vintage, un termine utilizzato per definire un’estetica dei tempi lontani eppure così piena di fascino. Un fascino che però, ancora una volta, rischia di rimanere senza estimatori.
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