«Quella logica della prudenza ha prodotto gli orrori del ’38»
TRIESTE. «Se noi fossimo quel pubblico che 80 anni fa ha assistito in piazza Unità al discorso da brividi di Mussolini, come reagiremmo? Con entusiasmo e applausi, come allora, o con orrore? Questa è la domanda che il Comune, valutando quella locandina della mostra, doveva porsi. La risposta è insita in questo ragionamento». Così Noemi Di Segni, presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, commenta il “caso Trieste”. «La massa che inneggiava al Duce nel ’38- spiega - è il risultato di questo tipo di atteggiamenti, del dire-non dire, della prudenza di chi non guarda allo specchio, ma guarda altrove. Chi eravamo quando si inneggiava al Duce?».
Di Segni vuole comunque mettere in evidenza «che il Comune di Trieste ha voluto organizzare per il 21 settembre una cerimonia, alla quale io parteciperò, e che va nella direzione giusta, quella che vuol guardare a quel passato e creare un momento di riflessione. Apprezzo ci sia stata questa disponibilità. Metteremo una nuova lapide in occasione degli 80 anni».
Ha seguito con attenzione l’evolversi della vicenda anche il rabbino di Trieste, Alexander Meloni. «Preferirei si evitasse l'utilizzo politico della vicenda, ma che quanto è accaduto serva per riflettere e capire cosa non siano ancora riusciti a sanare - premette -. Era inevitabile che la gente si interrogasse sul perché quella locandina non è stata accolta subito, anche perchè la prima pagina del Piccolo che ricorda i fatti di allora è già stata utilizzata molte volte. Io ritengo però più costruttivo porsi la domanda sul come mai l’assessore ha avvertito l’esigenza di quella prudenza, perché la giunta si è posta degli interrogativi? Per paura di certe reazioni politiche? Questa - sottolinea il rabbino - è la domanda che dobbiamo porci e che fa capire che in Italia non abbiamo ancora saputo risanare questa questione: resta la paura di affrontare la verità della storia».
Meloni, lo scorso mercoledì, ha assistito alla proiezione del documentario realizzato dai ragazzi del Petrarca al Miela, riconoscendo l’importante valore di quel lavoro. «Io non voglio che diventi storia, - precisa -, una cosa diventa storia quando tutti i testimoni di quel periodo sono defunti, entra nei libri, e viene raccontata in modo freddo. Invece io ritengo debba rimanere memoria: il contatto diretto che gli studenti hanno avuto con chi ha vissuto la tragedia è un lavoro molto più efficace del semplice insegnamento».
«Considero importante la partecipazione del Comune alla realizzazione della mostra, -sottolinea Meloni - sono ottimista e positivo, Dipiazza è molto disponibile, il suo sentimento è quello della partecipazione. Diciamo che spesso sono i meccanismi amministrativi e le divisioni decisionali che subentrano a creano i problemi». —
L.T..
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