Quella fila all’alba per uscire dalla morsa delle bollette

Con una mano tiene stretta una busta di carta, mentre infila l’altra in tasca per cercare di tenere alla larga il freddo di un lunedì mattina di metà dicembre

"Io, in fila all'alba per farmi pagare le bollette"

TRIESTE Con una mano tiene stretta una busta di carta, mentre infila l’altra in tasca per cercare di tenere alla larga il freddo di un lunedì mattina di metà dicembre. Fabrizio Nangano è uno dei primi ad aver raggiunto il civico 3 di via Beccaria, sede della Fondazione Alberto e Kathleen Casali. «Vengono accettate solo venti domande di contributo al giorno – spiega il trentaquattrenne triestino, stretto nel suo giubbotto di pelle -. Sono in fila dalle 6.30, anche se gli uffici apriranno appena alle 8.30».

Nangano è uno dei 1800 italiani che nel corso del 2017 hanno chiesto aiuto al comitato di beneficenza che è stato istituito nel 1966 e che in cinquant’anni di attività ha erogato nove milioni e mezzo di euro in favore delle persone in difficoltà, con la clausola che queste siano di cittadinanza o di nazionalità italiana.



L’aiuto della Fondazione non consiste nella consegna diretta di somme di denaro, ma nel pagamento, ad esempio, di utenze quali acqua, luce e gas, di affitti e di spese condominiali. «Sono indietro di un anno e mezzo con i canoni dell’Ater – specifica il giovane triestino -. Vivo in un monolocale che mi costa 56 euro al mese ma che ormai non riesco più a pagare, anche perché ho perso il lavoro da poco più di ventiquattro ore».

Nangano, infatti, ha visto la sua unica fonte di reddito venire meno in seguito al ricovero in una struttura della persona anziana per la quale faceva il badante a domicilio. Per due giorni a settimana, per un totale di sei ore, guadagnava 180 euro al mese: una cifra modesta che, sommata ai 400 euro derivanti dal contributo di integrazione al reddito, permetteva al triestino di arrivare con non poche difficoltà alla quarta settimana del mese.

«È da settembre che non percepisco il sostegno al reddito – le parole del 34enne triestino–. Prima la misura mi era stata sospesa per non aver presentato l’Isee entro i termini previsti, mentre adesso sembrano essere sorti altri problemi di natura burocratica. Anche altre persone, come me, stanno aspettando di riceverlo».

Nangano scandisce le parole senza far trapelare alcun sentimento di rabbia: «L’assistente sociale fa quello che può», spiega. La sua non è rassegnazione, anche perché ci tiene a precisare «di voler tornare al più presto in carreggiata».

Nel frattempo la fila di persone si è ingrossata e occupa buona parte del marciapiede. C’è chi si copre con il cappuccio della felpa e chi invece chiacchiera con la guardia giurata che è ferma in piedi davanti alla soglia dello stabile. «Per noi la sorveglianza è un costo che porta via risorse alle persone in difficoltà – sottolineano dalla segreteria della Fondazione Casali -, ma in passato si sono verificate diverse zuffe e ci siamo trovati obbligati a correre ai ripari».

È la stessa guardia giurata a spiegare con poche parole l’origine di queste tensioni: «La disperazione unita alla lunga attesa in fila può diventare una combinazione esplosiva», esclama con convinzione.

«Mi sono sempre rialzato – continua Nangano – lo farò anche questa volta. Nonostante tutto, rimango una persona ottimista, altrimenti non me ne starei qui in strada per ore e avrei già scelto di lasciarmi andare».

Il giovane triestino vuole invece rimanere aggrappato agli stessi sogni che appartengono a qualsiasi altro ragazzo della sua età, «anche se programmare il futuro in queste condizioni risulta davvero difficile». In cima alla lista dei desideri, infatti, ha messo la convivenza con la propria fidanzata. Ma prima di fare questo passo importante vuole uscire dalla condizione di disoccupazione e vuole trovare un minimo di stabilità: «Anche chiedere aiuto, in termini di tempo, ha un suo costo – il suo racconto -. La trafila per accedere a determinati servizi può essere complicata, mentre la ricerca di un lavoro richiede tempo e dedizione quasi assoluta».

La paziente attesa, intanto, sembra essere giunta al termine. Gli affitti arretrati stanno per incontrare delle mani amiche. Nangano è ritornato alla Fondazione Casali otto mesi dopo aver ricevuto il primo sussidio.

«Il mio obiettivo è quello di riguadagnare una certa autonomia in breve tempo – confida a bassa voce -, anche se al peggio non sembra esserci mai una fine».

La caldaia del suo appartamento ha smesso di funzionare e la temperatura notturna, all’interno dell’abitazione, è scesa al di sotto dei dieci gradi. «Il preventivo per farla aggiustare riporta cifre da capogiro – aggiunge sconsolato – e in questo momento non posso fare altro che coricarmi a letto con una coperta in più del solito».

Le luci natalizie che illuminano a intermittenza gli interni del buffet che si trova a pochi passi dalla Fondazione Casali stridono con il racconto del giovane triestino. Il clima di festa acuisce il senso di solitudine che attanaglia le persone che si trovano in difficoltà. «In tasca non ho un euro – conclude amaramente Nangano – e nei prossimi giorni non mi rimarrà altro da fare che andare a mangiare alla mensa dei frati di Montuzza. Quello di quest’anno non è un bianco Natale, ma un Natale in bianco».

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