Putin attacca l'Ue sulla campagna vaccinale: «Rifiutate Sputnik e non pensate alla gente»
INVIATO A BRUXELLES Vladimir Putin ha capito che la vaccinazione è la ferita dell’Unione europea su cui spargere sale. E fa niente che la somministrazione in Russia proceda molto più a rilento rispetto ai Paesi Ue (il 4,3% ha ricevuto almeno una dose, contro il 9%): il farmaco anti-Covid19 è l’arma geopolitica perfetta per creare scompiglio tra i 27, metterli in difficoltà con le rispettive opinioni pubbliche, creare divisioni tra un governo e l’altro, o addirittura all’interno degli stessi governi. Ci sta riuscendo benissimo. E oggi il presidente russo è pronto a dare una nuova spinta alla sua strategia, visto che si farà iniettare il vaccino.
Lo ha annunciato lui stesso, senza specificare di quale si tratterà. La Russia ne ha autorizzati tre: non solo Sputnik V, ma anche EpiVacCorona e CoviVac. Gli ultimi due sono principalmente per uso domestico, mentre il primo è il fiore all’occhiello da esportare in tutto il mondo grazie a un’efficacia che gli studi scientifici hanno rilevato essere superiore al 90%. Ieri le Mauritius si sono aggiunte alla lista dei Paesi che lo utilizzano: 55 in tutto per un totale di 700 milioni di persone. Putin ha preparato l’evento con un duro attacco nei confronti dell’Ue per rispondere al commissario Thierry Breton, che domenica aveva liquidato la pratica: «Non abbiamo bisogno di Sputnik». «Mi chiedo se queste persone difendano gli interessi dei cittadini europei o delle case farmaceutiche», l’affondo di Putin, che ha anche avuto un colloquio telefonico con Charles Michel. «Le relazioni tra Russia e Ue sono al loro punto più basso» ha ammesso il presidente del Consiglio europeo.
L’assalto russo all’unità Ue sui vaccini è iniziato con alcune mosse chirurgiche, facendosi strada tra alcuni governi amici, prima ancora di ottenere il via libera dall’Agenzia europea del farmaco. L’Ungheria lo ha approvato a livello nazionale e ha ordinato un milione di dosi. La Slovacchia due, ma il governo sta per cadere proprio su questo. E in Repubblica Ceca la questione ha scatenato un duro scontro tra l’esecutivo e il presidente Zeman.
Ora è in corso la fase due. E la posta in gioco vale molto più del consenso di alcuni Paesi del blocco di Visegrad. Dopo le esitazioni iniziali, Sputnik V ha iniziato a sottoporsi all’esame dell’Ema. Non è stata ancora presentata una vera e propria richiesta di autorizzazione, ma l’Agenzia ha avviato la revisione continua del farmaco. Mosca ha spalancato le proprie porte agli ispettori dell’Ema, che arriveranno il 10 aprile. Quando il vaccino sarà approvato, l’Ue dovrà prendere una decisione: acquistarlo oppure no. Putin pregusta uno scenario “win-win”: se Bruxelles siglerà il contratto sarà un successo, ma ancor di più se lo faranno solo alcuni governi.
Il fatto è che già ora stanno emergendo i distinguo. Angela Merkel e Mario Draghi hanno mostrato segnali di apertura e non hanno escluso di muoversi in modo autonomo. Non la pensa così Emmanuel Macron, che ha fiutato la trappola e manda avanti i suoi per dire “no, grazie”. Ursula von der Leyen, dopo la contrarietà iniziale, è già pronta a riposizionarsi («Ora la porta è chiusa, ma non è detto che lo sarà per sempre», ha detto ieri il suo portavoce). A decidere, comunque, saranno i governi.
Intanto l’Unione è impegnata nel braccio di ferro con il Regno Unito, che vuole le dosi di AstraZeneca prodotte nello stabilimento olandese di Halix, ma non intende esportare quelle confezionate nei suoi due impianti. Per Bruxelles non se ne parla, anche se una ritorsione di Londra potrebbe bloccare le materie prime che Pfizer importa dall’Inghilterra. I leader Ue ne discuteranno giovedì al Consiglio europeo: Francia, Germania e Italia sono per la linea dura, ma Paesi Bassi, Belgio e Irlanda frenano. –
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