Procura a gamba tesa su polizia, carabinieri e Il Piccolo

Avvisi di garanzia di Mastelloni al capo della mobile Giacomelli, al comandante del nucleo investigativo dell’Arma Pasquariello e al cronista del nostro giornale Corrado Barbacini
Da sinistra, in senso orario: la redazione del Piccolo, il procuratore capo Carlo Mastelloni, il comandante dei Carabinieri Fabio Pasquariello e il capo della Squadra mobile Roberto Giacomelli
Da sinistra, in senso orario: la redazione del Piccolo, il procuratore capo Carlo Mastelloni, il comandante dei Carabinieri Fabio Pasquariello e il capo della Squadra mobile Roberto Giacomelli

Volevano prendere un pesce piccolo (un cronista di giudiziaria), ma hanno pescato invece due pezzi così grossi (un funzionario di polizia e un ufficiale dei carabinieri) da creare uno scontro frontale tra Procura e forze dell’ordine. Dopo una fuga di notizie che il procuratore capo Carlo Mastelloni definisce “seriale”, sono finiti nel mirino il giornalista del Piccolo Corrado Barbacini, il capo della squadra mobile Roberto Giacomelli e il comandante del nucleo investigativo dei carabinieri Fabio Pasquariello. Tutti e tre hanno ricevuto un avviso di garanzia per violazione del segreto di ufficio. A prima vista sembra un tentativo di tappare la bocca a stampa e a forze dell’ordine. Del resto da mesi il procuratore capo aveva inviato una circolare a tutti i suoi pm e a tutti i Corpi di polizia intimando il silenzio su tutte le indagini.

Anche il provvedimento nei confronti del cronista è anomalo; alle visite in redazione dei sottufficiali di Polizia giudiziaria ci ha fatto l’abitudine ma di solito vengono a notificargli querele per diffamazione. Per Barbacini, comunque, è un’altra medaglia appuntata sul petto. Tutto ciò fa parte dei rischi del mestiere, soprattutto quando si vuole puntualmente raccontare cosa succede in città stando un passo avanti agli altri.

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Il capo della Procura di Trieste, Carlo Mastelloni

A svelare i “rapporti proibiti” tra Barbacini e i suoi fornitori di notizie sono state numerose intercettazioni telefoniche disposte dal procuratore capo e dal pm Miggiani. Un grande sforzo in termini di spesa pubblica e di uomini messi in campo per un’inchiesta minimal che ha portato a risultati modesti ma che farà seri danni. «Ma alla fine di cosa stiamo parlando?», s’interrogava con un velo di ironia ieri un navigato investigatore. Sono forse state tirate fuori carte segrete su stragi? Su progetti di attentati terroristici? Su possibili cupole e infiltrazioni mafiose sul territorio? Macchè, è solo robetta. Giacomelli e Pasquariello, due giovani investigatori in carriera anche se molto diversi, hanno solo fornito qualche frammento di notizia al collega su indagini ordinarie. Nulla che potesse peraltro inficiare le inchieste in corso. Ma il procuratore, dopo la fuga di notizie, voleva dare una “lezione”, codice penale alla mano, a Barbacini e alle sue “talpe”. Tuttavia forse non aveva messo in conto che sarebbe arrivato così in alto. Tanto in alto da provocare qualche scossa tellurica sia in questura che al Comando dei carabinieri di via Dell’Istria. Nessuno parla di questi due “avvisi” così ingombranti ma il disagio, la preoccupazione e lo sconcerto sono palpabili. Pasquariello pare sia intenzionato a chiedere il trasferimento per “incompatibilità ambientale”, per il suo collega Giacomelli è una brutta botta sul piano morale.

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L'interno del tribunale di Trieste

Negli atti firmati da Mastelloni vengono contestate tre “soffiate” ma in un’occasione, la prima, il cronista di giudiziaria sembra essersi arrangiato da solo o almeno non emergono i nomi dei due investigatori. È anche, se vogliamo, il caso meno banale pur riferendosi a un omicidio tirato fuori dal congelatore dodici anni dopo e per il quale è già stato condannato a 18 anni Fabio Buosi nonostante il processo avesse stabilito che non era stato lui a sparare al tassista Bruno Giraldi, freddato a colpi di pistola il 23 novembre 2003. In circostanze fortuite dopo tutto questo tempo, la polizia ha trovato l’arma che ha ammazzato il tassista. Barbacini l’11 agosto ha rivelato il nome del proprietario della revoltella, Antonio Fiore, che ora è accusato del delitto.

Su un’aggressione e un tentativo di stupro ai danni di una donna di 58 anni compiuto in via Gozzi da un africano (su cui Barbacini ha realizzato un ampio servizio), Mastelloni e i suoi “intercettatori” pescano il jolly. Prima il capo della mobile ricostruisce al cronista i fatti e in seconda battuta il comandante del nucleo investigativo dei carabinieri, titolare dell’indagine, gli fornisce il nome del cittadino del Gambia arrestato. Sul terzo episodio scadiamo nella “cronachetta” per l’azione di un bandito solitario che ha provato a far saltare con l’esplosivo la cassa automatica del distributore di benzina di via Valerio, di fronte all’università, scappando senza riuscire a portare via il bottino. Notizia riportata da Barbacini il 9 settembre su imbeccata di Roberto Giacomelli. La Procura in questa circostanza non si limita alle intercettazioni, si spinge molto più in là. Alcuni finanzieri pedinano il giornalista e l’investigatore fino alla pizzeria “Peperino” proprio davanti al Tribunale. Secondo l’accusa, Giacomelli avrebbe anche consegnato a Barbacini un video dell’assalto al distributore. «Ma si sbagliano, me lo ha fornito il titolare della stazione di servizio», spiega il cronista. C’era una volta la libertà di stampa.

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