Processo Val Rosandra, il tecnico in aula con l’interprete

Il geometra Lovriha chiede e ottiene di poter deporre in sloveno. Giacomelli (FdI): «Spesi soldi pubblici». Il legale: «È un suo diritto»
Un'immagine dello scempio della Val Rosandra del 2012
Un'immagine dello scempio della Val Rosandra del 2012

Quando il funzionario d’un cosiddetto comune “minore” riesce là dove ci ha invece provato (invano) financo il presidente del Consiglio comunale del capoluogo di provincia. Qui è il contesto d’altronde, e non il ruolo, a fare la differenza. Entrambi “portavalori” orgogliosi della minoranza slovena di cui fanno parte, mentre Iztok Furlanic ha rispolverato addirittura le truppe di Tito che «liberarono» la città nel ’45 motivando il proprio tentativo d’introdurre il bilinguismo nelle sedute d’aula di piazza Unità (e scatenando il finimondo nella “sensibile” Trieste di frontiera), al tecnico dell’ente “piccolo” non è servito agitare i fantasmi del passato per pretendere, e ottenere, l’interprete sloveno per la sua deposizione a un processo. E che processo: quello per la “rasata” della Val Rosandra.

Al geometra Mitja Lovriha, caposervizio dell’area Lavori pubblici, Ambiente e Cultura del Comune di San Dorligo, è stato in effetti sufficiente “appellarsi” al diritto. Una mossa tecnicamente ineccepibile, ma nel contempo passibile d’interpretazioni e polemiche dei giorni dopo. L’altra mattina, davanti al giudice Marco Casavecchia, era in agenda proprio la prima udienza del 2015 del processo sulla Val Rosandra. Il cuore di tale udienza era, per l’appunto, l’atteso esame di Lovriha, come teste e non come imputato (nell’autunno scorso infatti il gup Laura Barresi aveva disposto il non luogo a procedere nei suoi confronti). E le attese della vigilia non sono andate a farsi benedire, né nel merito né nel metodo. Nel metodo, in particolare, il geometra del Comune di San Dorligo ha potuto rispondere alle domande rivoltegli dapprima dal pm Antonio Miggiani e dall’avvocato Alessandro Giadrossi per il Wwf (costituitosi parte civile) e poi dagli avvocati delle difese esclusivamente in lingua slovena, facendosi tradurre in “presa diretta” le domande da un’interprete, la quale poi “ritrasformava” le dichiarazioni di Lovriha in italiano a beneficio del resto dei presenti. Il tutto mentre un’altra interprete, accanto al giudice, prendeva nota, a garanzia della correttezza delle traduzioni a fini squisitamente giuridici. Un’ora e mezza la durata di una deposizione che, c’è da scommetterci, avrà strappato pure una lacrima d’orgoglio al professor Samo Pahor, ad esempio.

Val Rosandra, nuova perizia limitata al “rischio idraulico”
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Sì perché la notizia del funzionario di un comune italiano che in un tribunale italiano si fa “interrogare” avvalendosi dell’interprete sloveno (gli altri precedenti “testi” del processo venuti da San Dorligo hanno parlato in italiano, dall’ex sindaco Fulvia Premolin al suo vice Antonio Ghersinich, compresi i “capi” della Comunella di Bagnoli) ha fatto il giro del Foro. Ben presto, tra gli altri, l’ha saputa anche Claudio Giacomelli, avvocato nonché coordinatore locale di Fratelli d’Italia. «Ci sono due possibilità. La prima - ha ironizzato su Fb Giacomelli - è che davvero questo dirigente non parli bene l’italiano e capisca perfettamente solo lo sloveno, ma allora mi domando come possa svolgere la sua funzione pubblica in Italia, e come abbia fatto a vincere il concorso. La seconda è che parli perfettamente la lingua italiana, ma allora perché il bisogno di chiamare una traduttrice che, detto per inciso, paghiamo con soldi pubblici?».

«Stiamo parlando - ha spiegato ieri l’avvocato Andrea Frassini, legale di Lovriha - di un diritto costituzionalmente garantito. Avevo già sollevato il difetto procedurale della mancata traduzione in sloveno del decreto di fissazione dell’udienza preliminare e della relativa imputazione, quando il mio assistito era sotto inchiesta, poi avevo rieccepito la mancata traduzione di una perizia in cui lui veniva chiamato in causa. Il geometra Lovriha ha dunque deposto in lingua slovena coerentemente con quanto è stato fatto in precedenza nell’ambito della sua difesa».

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