Porto di Trieste sotto i riflettori dei media nazionali: ecco cosa dicono i volti noti del giornalismo, da Vespa a Sofri

Gli inviati di televisioni e giornali analizzano la situazione creatasi in città. Il conduttore di Porta a Porta: «Un panorama surreale». Visetti: «Perché qui? Posizione, storia, mare». Sofri sul Foglio: «Incomprensibile quello che sta accadendo»

Marco Ballico

TRIESTE. Perché proprio a Trieste, si domandano gli inviati dei media nazionali e lo domandano ai portuali, alla piazza, a chi, semplicemente, osserva. Cercano di capire come sia potuto accadere che un piccolo sindacato di base abbia creato un caso gigante, stia facendo tremare l’economia di un territorio, abbia portato Zeno D’Agostino a un passo dall’addio. Chiamati a raccontare gli umori di un corteo di persone mica tanto convinte del coronavirus, dei vaccini, di un certificato verde per andare a lavorare e perfino dei tamponi gratuiti, i giornalisti cercano “Ciccio”, provano a indagare il perché proprio a Trieste.

Bruno Vespa ha ospitato Stefano Puzzer a Porta a Porta, dice di averlo trovato «educato, ma assolutamente determinato per ragioni evidentemente ideologiche a portare avanti la protesta. Rispetto, ma non comprendo, pur se è senz’altro un atto di grande civiltà il fatto che non si siano fatti picchetti». Trieste? «Una città meravigliosa – aggiunge lo storico conduttore di Rai 1 –, tradizionalmente in decadenza, che proprio con il porto e il suo bravissimo presidente ha avuto una fantastica ripresa, ma che ha una incomprensibile vocazione al suicidio. Si è venuta a creare una situazione surreale».

Non si può però fare solo del colore, avverte Giampaolo Visetti di Repubblica. «Dopo un anno e mezzo di tragedia abbiamo davanti la manifestazione di una sofferenza e il contrasto grave tra diritto alla salute e diritto al lavoro, che non dovrebbero essere in conflitto. Perché a Trieste? Contano la posizione, la storia, il mare. L’opposizione a quanto imposto da Roma l’ho notata anche in Sud Tirolo: in certi posti c’è un’idiosincrasia genetica verso ciò che viene deciso lontano».

Marco Imarisio, inviato del Corriere della Sera, è entrato già due giorni fa nel mondo del coordinamento dei lavoratori portuali, ne ha colto e svelato le contraddizioni, le anime, le divisioni. Anche lui parte dall’amore personale per la città, «una delle più belle d’Italia, se non d’Europa», e spiega di avervi visto emergere «la piccola realtà di sindacalisti di base che entrano in un gioco più grande di loro, si radicalizzano, si fanno personaggi». Ma l’indipendentismo tipico? «Può essere un’influenza, ma in questo caso sarebbe un’eterogenesi dei fini, visto che il vero gesto di libertà oggi è un altro: vaccinarsi». In quell’incrocio sulle strade di no vax e no Green pass Imarisio non trova in ogni caso uno specifico triestino: «È la folla che ho visto in altre piazze, i due movimenti sono sovrapponibili e per questo credo che il coordinamento dei portuali abbia agito con molta furbizia sostenendo la vaccinazione di qualcuno di loro quando, in realtà, il Green pass era un’esca. Le migliaia di persone che si sono messe in fila, anche dal resto del Friuli Venezia Giulia e dal Veneto, il vaccino non l’hanno proprio fatto».

E anche per Luca Rosini, giornalista Rai oggetto di un’aggressione ieri mentre era in diretta tv, «il corteo di Trieste è lo stesso di tante altre regioni». Ma a Trieste, prosegue, «vaccino e Green pass sono stati forse pretesto per mettere insieme altri mal di pancia diffusi della popolazione. Puzzer? Intelligente, empatico, sente gli umori della gente. Non c’è dubbio che in quello che accade ci siano ragioni di solidarietà vera».

Pure Marco Grasso, inviato del Fatto Quotidiano, si concentra su Puzzer e sul suo coordinamento. «Il tema è quello della polverizzazione delle lotte sindacali – osserva –. È successo altrove, ma qui è ancora più evidente lo scollamento tra la base e le sigle confederali e fa decisamente impressione vedere qualche centinaio di iscritti che diventano interlocutori del governo. Sembra qualcosa uscito dagli anni Settanta ed è invece ultracontemporaneo».

A Trieste è così andata in scena «la tempesta perfetta». «Il governo – dice Grasso – aveva inteso il Green pass come forte incentivo alla vaccinazione, ma ha sottovalutato cosa può succedere nei porti e, in questo caso, nel porto di una città che ha una percentuale alta di lavoratori senza vaccino. Se ci aggiungiamo il candidato no vax alle comunali, le ragioni comunque presentabili dei no Green pass, la prova di forza di una corporazione, la carenza di tamponi per tutti, la storia di una città di confine, il collante ideologico dell’indipendentismo, ecco perché, forse, proprio a Trieste».

«Chi pensi di aver capito che cosa sta succedendo a Trieste si ricreda. Io, per esempio, non ho capito». Lo scrive su Il Foglio Adriano Sofri nel descrivere la situazione come «una specie di Reggio Calabria mitteleuropea: una scintilla che incendia un territorio, rinfocola secessioni e suggerisce unioni, si inebria dell’orgoglio di minoranza anche quando solidarietà e altruismo stanno dalla parte della maggioranza». —

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