Porto di Trieste e Cina: priorità all’export in Asia. Spunta il nome di Suning

Si lavora con Cccc a una catena di distribuzione per vino e cibo top “made in Italy”. Gli altri punti dell’intesa rallentati da crisi di governo e scontro Stati Uniti-Pechino

TRIESTE L’intesa per realizzare in Cina una piattaforma per l’export della produzione enogastronomica regionale e nazionale potrebbe essere il primo sviluppo del memorandum firmato a marzo tra l’Autorità portuale di Trieste e la società statale China Communications and Construction Company. Davanti all’irrigidimento nelle relazioni fra Pechino e Washington, l’applicazione del patto stretto a Roma ha rallentato sul fronte degli investimenti del Dragone in Italia, mentre le parti procedono sullo studio di una catena logistica in grado di far approdare nel Far East vino e prodotti alimentari. All’orizzonte ci sono possibili accordi di distribuzione con una realtà del calibro di Suning, gigante cinese del commercio al dettaglio che nel 2016 ha rilevato la proprietà dell’Inter.

Trieste e la nuova Via della Seta cinese


Autorità e Cccc si erano date tre mesi dalla stipula per definire i dettagli operativi del memorandum, basato sull’ipotesi di partecipazione cinese nello sviluppo ferroviario dello scalo giuliano, sulla collaborazione nell’interporto slovacco di Košice e sulla creazione di un canale per l’export italiano in Cina via Trieste.

Ecco l'accordo integrale tra Cccc e l'Authority portuale di Trieste

Sui primi due capitoli hanno pesato l’attivismo anticinese degli Stati Uniti, la freddezza di Bruxelles e la crisi del governo gialloverde, che ha consigliato prudenza alle istituzioni italiane sulle aperture da fare nel frattempo a Pechino. L’Autorità portuale e il suo presidente Zeno D’Agostino si sono comportati di conseguenza. Con l’insediamento del Conte bis, le aspettative legate alla nuova Via della seta tornano a rialzarsi, ma bisognerà capire cosa ne pensi il Pd, che con l’ex premier Gentiloni e l’ex governatrice Serracchiani aveva aperto la strada a intese con la Cina a Trieste, ma che aveva poi criticato il memorandum voluto fuori dalla cornice comunitaria da M5s e Lega.



In questo quadro, il progetto sull’export appare segnato da minori preoccupazioni per la parte italiana, tanto più che l’Autorità portuale vuole dimostrare che l’accordo di Roma – finora occasione soltanto di gratuita pubblicità a livello globale – serve a stimolare anzitutto la proiezione internazionale dello scalo. Il presidente Xi Jinping nel pranzo di Villa Madama aveva d’altronde proposto un brindisi all’incremento dell’export italiano, che Pechino ritiene molto al di sotto del suo potenziale.

Firmato l'accordo Cina-Porto di Trieste D'Agostino: "Una spinta al made in Italy"
Il presidente cinese Xi Jinping e il presidente dell'Autorità portuale di Trieste Zeno D'Agostino (foto dell'inviato Diego D'Amelio)


D’Agostino ha esaminato di persona due terminal nelle zone di Nanchino e del Guandong, che potrebbero (in tempi per la verità ancora da definire) diventare collettori delle merci provenienti dal Nordest in collaborazione con Cccc. A Nanchino i vertici dell’Authority hanno anche visitato il quartier generale di Suning: non basta infatti avere un molo attrezzato in Cina, ma serve una rete di distribuzione capace di assorbire i prodotti dell’agroalimentare e magari di altri settori del made in Italy. Suning dispone di oltre 1.600 punti vendita in più di 700 città fra Cina e Giappone, cui si aggiungono una piattaforma e-commerce e la recente acquisizione dei duecento ipermercati Carrefour in Cina.

L’aneddotica racconta che Zhang Jindong, fondatore del gruppo e padre del presidente dell’Inter Steven Zhang, fosse al pranzo di Villa Madama e che, dopo aver assaggiato una bottiglia di amarone, ne abbia subito richiesto un paio di container. La cosa ha provocato qualche sorriso fra gli italiani, visto che non sarebbe bastata l’intera produzione annuale dell’etichetta per riempirli: l’idea dell’export di vino è scoccata in quel momento.

Sarà il nuovo governo a dover benedire la chiusura di un accordo concreto con Cccc, che vuole diversificare il proprio business, considerando la realizzazione di comprensori residenziali e commerciali. Una piattaforma logistica targata Trieste in Cina servirebbe a concentrare i frammentati volumi del traffico italiano e ad attivare sperimentazioni che potrebbero evolvere nell’impianto in Asia di parchi industriali italiani.

Sul resto del memorandum le cose hanno preso un ritmo più lento, ma Cccc resta interessata alla partecipazione al progetto Trihub, che prevede il raddoppio della capacità ferroviaria del porto: Rfi e Autorità assicurano la disponibilità di 180 milioni per rivedere le linee attuali arrivando nel 2023 a un traffico potenziale di 25 mila treni merci. In tale cornice, Cccc vorrebbe realizzare il terminal ferroviario affiancato alla stazione di Aquilinia, posta a futuro servizio del punto franco nell’area ex Wärtsilä. La società asiatica sta verificando fattibilità e costi, probabilmente in attesa di capire se la sorella China Merchants chiuderà l’accordo per l’ingresso nella Piattaforma logistica. Più indietro appare infine l’alleanza in quel di Košice: D’Agostino ha incontrato rappresentanti del governo slovacco e dato mandato all’Autorità di partecipare alla stesura del business plan affidato da Cccc a Deloitte. In attesa di novità, il viceministro slovacco con delega alla Via della seta visiterà Trieste a ottobre.

A novembre Shanghai ospiterà una grande conferenza internazionale di capi di governo con probabile presenza del premier Giuseppe Conte e del ministro degli Esteri Luigi Di Maio: un contesto propizio forse a qualche annuncio relativo ai rapporti italo-cinesi e agli sviluppi del memorandum sul porto di Trieste. —



 

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