Piano del porto di Trieste, ok di Roma entro fine mese
TRIESTE «Con in mano il nuovo Piano regolatore, che sarà approvato tra poche settimane, andremo a Shanghai dai cinesi e troveremo investitori forti per il porto di Trieste». È lo scenario delineato dal commissario dell’Authority Zeno D’Agostino nel corso dell’incontro con i cittadini promosso ieri pomeriggio dal Circolo della stampa. «Entro il 30 giugno - ha spiegato a margine D’Agostino - la Commissione Via del Ministero dell’Ambiente dovrebbe riunirsi avendo acquisito i pareri del Governo sloveno e del nostro Ministero per i Beni culturali e licenziare il documento. A quel punto il nuovo passaggio in Regione sarà soltanto un pro forma». E dovrebbe essere proprio il Piano regolatore del porto a mettere definitivamente fuori gioco il rigassificatore di Zaule. «Oggi che i finanziamenti pubblici scarseggiano - ha spiegato il commissario - i nuovi progetti infrastrutturali devono essere finanziati in gran parte dai privati, ma rigassificatore e metanodotto creerebbero problemi insormontabili a causa della nuova area di evoluzione delle navi e dell’impossibità di effettuare dragaggi: ciò causerebbe la fuga degli imprenditori e l’impossibilità di mettere in pratica il Piano regolatore stesso. Se devono metterlo nell’Alto Adriatico - ha aggiunto polemicamente - lo mettano sull’offshore progettato a Venezia da Paolo Costa».
Presentato da presidente e segretario del Circolo, Rino Alessi e Gianni Martellozzo, D’Agostino ha messo subito nero su bianco i quattro vantaggi di cui dispone il porto di Trieste: la posizione geografica, la cospicua e variegata rete ferroviaria che si diparte dallo scalo, i fondali di 18 metri e i Punti franchi. «Qui ho trovato un’affermata capacità operativa - ha spiegato - ma anche poca capacità di comunicazione con l’esterno e nel momento in cui si ha bisogno di un supporto politico ciò non è affatto un bene. Trieste non è andata sui tavoli giusti - ha aggiunto - e non ha saputo far pesare il proprio ruolo. Bisogna comunicare meglio perché questo è l’unico scalo italiano totalmente internazionale, l’unico che ha sfondato non nell’Est Europa, ma nel Centro Europa e che ha saputo fare in Austria e in Baviera con i container e i ro-ro ciò che nemmeno Genova è riuscita a fare in Svizzera. Ma questo in Italia non lo si sa e ciò è grave nel momento in cui si sta facendo la riforma delle Autorità portuali, sulla quale però, dal momento che le bozze cambiano in continuazione, non mi sento di fare alcun commento».
Ma Trieste è anche, dopo La Spezia, il primo porto ferroviario d’Italia. «Raggiungeremo il numero di 5.550 treni movimentati nel 2015 - ha annunciato D’Agostino - oltre il 50% del nostro traffico va su rotaia e ciò è più importante per gli sviluppi futuri rispetto a qualche segno meno nel settore dei container e crea i presupposti perché si trasformi in un più». E il commissario ha anche annunciato che a breve andrà al Cipe il finanziamento di 50 milioni a favore della Piastra ferroviaria di Campo Marzio e che Rfi sta per abbandonare la manovra primaria nel porto di Trieste di modo che presto potrà essere eliminato il fardello della cosiddetta doppia manovra. «Quanto al Molo Settimo - ha aggiunto - non dobbiamo far arrivare navi da poche migliaia di teu che possono andare anche a Capodistria e a Venezia, ma dobbiamo far arrivare le maxiportacontainer che possono attraccare solo qui grazie ai nostri fondali: stiamo lavorando per questo».
Infine il Punto franco. «È importante e mi piace, ma deve essere uno strumento e non un obiettivo e per creare sviluppo a Trieste può utilmente essere trasferito anche fuori Trieste. Ma se ci si innamora del Punto franco si sbaglia». Chiaro che bisogna trasferirlo da dove è inutile, cioé da gran parte del Porto Vecchio. «Per la prossima settimana è fissato l’incontro con il prefetto Francesca Adelaide Garufi che deve dettarmi le linee guida per il trasferimento - ha annunciato D’Agostino - poi andremo a identificare le aree dove spostarlo».
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