Per un posto ma non da comparsa
Fa sempre impressione la scena di un maxi concorso o di un affollato recruiting day per qualche posto di lavoro. L’abbiamo vista nei giorni scorsi a Gorizia, con un migliaio di aspiranti a una decina di contratti da impiegato comunale, e a Trieste con padri e figli insieme a bussare, decine e decine, alle porte girevoli d’un grande albergo che sta per aprire in centro. È l’estate di chi non può permettersi vacanze perché uno stipendio non ce l’ha o è assolutamente saltuario, la mezza stagione infinita di chi è sospeso nella provvisorietà e nell’incertezza: laureati con un buon inglese pronti a fare il portiere di notte oppure consiglieri comunali disposti a rinunciare a una poltroncina politica per conquistare una sedia in ufficio; l’occasione di migliorare almeno un po’ il proprio affannoso presente di pari passo con l’indistruttibile mito del posto fisso in un mondo in cui tutto è pericolosamente mobile.
Vero che le cifre dell’occupazione in regione in questa prima metà d’anno fanno segnare piccoli sussulti positivi, con annesso complicato calcolo dei saldi tra contratti a tempo determinato o indeterminato e relative cause degli spostamenti in su o in giù. Vero che ad esempio dalla Regione sono stati numerosi i segnali di un’attenzione concreta verso i processi di formazione continua dei lavoratori e delle imprese che hanno intenzione di assumere e non dislocare. Ma vero che rimangono discrasie ampie e profonde tra il tipo di lavoro che spesso viene offerto, i livelli di retribuzione e di garanzie e la disponibilità reale di manodopera sul territorio. Un solco da colmare con un impegno comune e costante di tutte le parti in causa, anteponendo questa sfida a altre che non sempre sembrano fondamentali per coesione e sviluppo del territorio. Perché le scene di folla ai casting per una paga assomigliano troppo a quelle (altrettanto viste) per guadagnarsi in un film girato in zona un ruolo, da comparsa. Senza averne la spensieratezza.–
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