Parlerà cinese il raddoppio della Capodistria-Divaccia
TRIESTE. La Cina si avvicina sempre di più al Porto di Capodistria. Adesso è ufficiale, come scrive il quotidiano di Lubiana Dnevnik, l’interessamento di Pechino alla realizzazione della seconda tratta ferroviaria tra Capodistria e Divaccia che costituisce attualmente uno scomodo collo di bottiglia allo sviluppo dopo il 2020 dello scalo capodistriano quando l’attuale traccia sarà completamente satura. Al ministero delle Infrastrutture della capitale slovena è stata ricevuta una delegazione del gigante delle costruzioni cinesi la China Road and Bridge Corporation che ha proposto una joint-venture pubblico-provato per la realizzazione della seconda tratta ferroviaria in oggetto per un costo stimato di 1,4 miliardi di euro. Nel progetto operativo rientra anche la banca di export e import Exim.
La mossa della China road altro non è se non l’ulteriore tassello della politica di penetrazione della Cina sui mercati dell’Europa sud-orientale attraverso la realizzazione di opere infrastrutturali. Già lo scorso anno la stessa società ha sottoscritto una dichiarazione d’intenti con l’Ungheria e la Serbia per la realizzazione di una linea veloce di treni tra Budapest e Belgrado. E, ancora a Belgrado, ha realizzato un nuovo ponte che attraversa il Danubio.
L’idea poi trae la sua origine dall’incontro di 16 Paesi europei con il premier cinese, Li Keqang sempre a Belgrado cui ha presenziato anche il primo ministro sloveno, Miro Cerar il quale confermò il forte interesse della Cina nella realizzazione di infrastrutture ferroviarie in Slovenia. Senza dimenticare che Pechino ha offerto la sua collaborazione in termini di investimenti al fondo predisposto dalla Commissione Ue per la realizzazione delle grandi infrastrutture all’interno dei ventotto Paesi membri.
L’interesse della Cina per il Porto di Capodistria è dettato anche dal fatto che attualmente Pechino gestisce due terminal merci nel porto del Pireo ad Atene, ma da lì, per raggiungere i mercati dell’Europa centrale le stesse merci ci impiegano dieci, undici giorni, per cui un eventuale “passaggio” per Capodistria accelererebbe di molto i termini di consegna delle stesse. È chiaro che Pechino vuole qualche cosa in cambio. Il ministro delle Infrastrutture sloveno, Peter Gašperši› non ha nascosto la possibilità che ai cinesi venga data la realizzazione e la relativa concessione di gestione del terzo molo nel Porto di Capodistria. Meno realistica la possibilità che i cinesi ottengano il pacchetto di maggioranza di Luka Koper, la società che gestisce lo scalo capodistriano anche perché proprio di recente la stessa è stata “classificata” come bene strategico per la Slovenia dal governo Cerar e quindi è stata messa fuori dal calderone delle privatizzazioni.
Ma quello che viene dalla Cina non è tutto oro. Le condizioni della joint-venture offerte da Pechino non sono molto convenienti per Lubiana. Queste sarebbero le stesse offerte alla Serbia per la realizzazione del summenzionato ponte sul Danubio. Un prestito a un tasso fisso al 3% da estinguersi in 15 anni. Inoltre la manodopera dovrebbe essere solo cinese. Molto più convenienti sarebbero e condizioni offerte alla Slovenia dalla Bei, la Banca europea per gli investimenti con cui Lubiana ha già avviato i primi contatti relativamente alla Capodistria-Divaccia. Inoltre a breve la Slovenia saprà quanti dei 380 milioni richiesti al fondo europeo Connecting Europe Facility (Cef) giungeranno a Lubiana.
Ma i cinesi non sono i soli ad aver manifestato interesse per la Capodistria-Divaccia. A Lubiana sono giunti i turchi del gruppo Yapi Mekezi, i francesi della multinazionale Vinci e i tedeschi della Gauff. Per ora l’unica cosa certa è che la Slovenia ha pronto il progetto per ampliare lo scalo merci di Capodistria dal suo accesso al Porto fino a Villa Decani, un tratto lungo 1,5 chilometri e che costerà alle casse statali 25 milioni di euro.
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